Approfondendo, cliccando su “scopri perché”, emergono le motivazioni adottate dalla piattaforma. Non solo false ma, a nostro parere, aberranti. Facebook ha individuato il post come una fake news perché, nel 2019, un sito di fact-checking indipendente segnalò come “falsa” la foto da noi utilizzata. Il sito Aos Fatos, in particolare, in un articolo di ormai due anni fa, spiega che la stessa immagine sarebbe stata utilizzata dal presidente brasiliano Bolsonaro in modo fuorviante e decontestualizzato. Con un tweet del 18 agosto 2019, il capo del governo del Brasile, in relazione ai temi ambientali, accusò di ipocrisia la Norvegia, postando l’immagine, nel suo caso, effettivamente fuori contesto. Le foto, anziché alla Norvegia, si riferiscono infatti proprio all’evento danese da noi citato: il ‘Grindadràp’ (ovvero la mattanza delle balene).
Riepilogando: le informazioni da noi diffuse sono vere, la foto da noi utilizzata immortala la mattanza di balene nell’Isole Faroe, oggetto della notizia. Si tratta di un’immagine di archivio, che non documenta i fatti accaduti questo mese, ma raffigura correttamente l’evento trattato. Di contro, Facebook ha etichettato la notizia come “falsa” basandosi su un articolo del 2019 che tratta di questioni che nulla hanno a che vedere con quanto abbiamo scritto.
Una vicenda che deve fare riflettere sui limiti e le ingiustizie degli algoritmi utilizzati dal social network. Da tempo denunciamo la pericolosa china che il “fact checking” sta prendendo anche in Europa, dove grandi aziende private come Facebook si stanno arrogando il diritto di dividere la verità dalla menzogna attraverso l’uso di algoritmi digitali. Una strada pericolosa per il diritto all’informazione che le big tech stanno intraprendendo con il favore delle istituzioni sovrannazionali, a cominciare dalla Unione Europea che sta di fatto appaltando la censura su internet alle grandi piattaforme social. Si tratta di una deriva che dovrebbe allarmare tutte le testate giornalistiche e spingerle a fare fronte comune per la tutela della libertà di informazione. Ma il silenzio che sul tema proviene dai grandi giornali mainstream è assordante.
Tornando al nostro caso: dopo aver appurato che l’etichetta di diffusori di notizie false appioppataci dagli algoritmi di Zuckerberg è del tutto falsa, rimane il profondo senso di ingiustizia per un trattamento che potrebbe spingere ingiustamente i lettori a crederci diffusori di notizie false. Nella redazione de L’Indipendente dal primo giorno di pubblicazioni stiamo lavorando per costruirci una credibilità basata su criteri deontologici precisi e non derogabili: fare un giornalismo coraggioso, libero e senza filtri, ma con un’attenzione rigorosa a rimanere ancorati ai fatti ed evitare qualsiasi fake news. Su queste basi abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere supporto ai nostri lettori e a chiunque creda che ci sia bisogno di una informazione diversa in questo paese. L’azione di Facebook ha quindi ripercussioni gravi sulla nostra immagine. Per questo stiamo valutando in queste ore se e quali iniziative, anche legali, intraprendere per tutelare la nostra immagine e la nostra reputazione. Fosse anche la guerra di Davide contro Golia. Vi terremo aggiornati, fate girare. Grazie.
[la redazione de L’Indipendente]