Io ho un sogno

Io ho un sogno

Discorso “I have a dream” del 1963

L’originale, per confronto, si trova su questo link:

https://www.americanrhetoric.com/speeches/mlkihaveadream.htm

 

Sono felice di unirmi a voi oggi in questa giornata che passerà alla storia come la più grande manifestazione per la libertà nella storia del nostro paese. Poco più di sette decenni sono passati da quando alcuni grandi italiani, nella cui ombra simbolica ci alziamo oggi, promulgarono la costituzione della repubblica. Questa legge fondamentale venne come un grande faro di speranza per milioni d’italiani che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della loro cattività

Ma più di settant’anni dopo, gli italiani ancora non sono liberi; settant’anni dopo, la vita degli italiani è ancora tristemente paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene dell’oppressione; settant’anni dopo, l’italiano ancora vive su un’isola solitaria di povertà intellettuale in un vasto oceano di materialismo, menzogne e libertà virtuale; tanti anni dopo tanti italiani languono ancora ai margini della società e si trovano esiliati nella loro stessa terra. Per questo siamo venuti qua oggi, per rappresentare il dramma di una condizione vergognosa.

In un certo senso siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione, abolendo per sempre monarchia e fascismo, firmarono una cambiale della quale ogni italiano sarebbe diventato creditore. Questo documento era una promessa che a tutti gli esseri umani, si, di qualsiasi provenienza e condizione sociale, sarebbero stati garantiti i diritti inalienabili della vita, di libertà, e di ricerca della felicitá.

E’ evidente, oggi, che l’Italia é venuta meno agli obblighi di questo “pagherò” per quanto riguarda il suo popolo intero. Invece di onorare questi suoi sacri obblighi, l’Italia ha consegnato al popolo un assegno scoperto; un assegno che è ritornato con la timbratura “fondi insufficienti”.
Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustezza e rettitudine sia fallita. Ci rifiutiamo di credere che non ci siano fondi a sufficienza nei grandi caveau delle opportunità offerte da questa nazione. E quindi siamo venuti per incassare questa cambiale, una cambiale che, su nostra richiesta, ci dará subito le ricchezze della libertà e le garanzie di giustizia.

Siamo venuti in questo luogo sacro anche per ricordare al mondo l’urgenza cocente dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere il lusso che le cose si raffreddino o che si trangugi la droga tranquillizzante del gradualismo. Adesso è il momento di realizzare le promesse della democrazia; adesso è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia sociale; adesso è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia sociale alla solida roccia della fratellanza; adesso è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio.
Sarebbe fatale per la nazione se non si valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima scontentezza degli italiani non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà e uguaglianza. Il 2020 non è una fine, ma un inizio. E chi spera che il popolo abbia solo bisogno di sfogare un poco le sue tensioni per starsene poi appagato, avrá un rude risveglio, se la nazione riprendesse a funzionare come se non fosse successo niente. E non ci saranno in Italia né riposo né tranquillità fino a quando al popolo non saranno consegnati i diritti fondamentali. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Ma c’è qualcosa che devo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce nel palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste. Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’amarezza e dell’odio. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre più spesso dovremo elevarci a vette maestose, rispondendo alla forza fisica con la forza dell’anima.

Questa meravigliosa nuova militanza che ha avvolto il popolo italiano non dovrà condurci a una mancanza di fiducia verso medici, giornalisti e forze dell’ordine perché molti di questi nostri fratelli, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà.
Non possiamo camminare da soli.
E mentre camminiamo, dobbiamo prendere l’impegno a marciare per sempre in avanti.
Non possiamo tornare indietro.
Ci sono quelli che domandano a chi richiede i diritti fondamentali: “Quando vi riterrete soddisfatti?” Non potremo mai essere soddisfatti finché il popolo sarà ancora vittima di brutalitá e stupidaggini indicibili cui è sottoposto dalla polizia. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché ci sará il rischio che sconosciuti potentati impongano di nuovo un governo che limiti senza alcuna valida ragione il diritto di spostarsi dalla propria cittá a qualsiasi altra. Non potremo mai essere soddisfatti finché ai nostri figli verrá rubata la loro autonomia e dignità da cartelli che dicono: “Mettete la maschera e mantenete la distanza sociale”. Non potremo essere soddisfatti fin quando il voto popolare non conti più nulla e il popolo pensi di non avere niente per cui valga la pena votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.

Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qua dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui le vostre richieste –richieste di libertà- vi hanno fatto ridurre a pezzi dalle tempeste di persecuzione e intontire da venti di brutalitá delle forze dell’ordine. Siete stati i veterani della sofferenza creativa. Continuate a operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice! Ritornate nella Lombardia; ritornate in Sicilia; ritornate in Campania; ritornate in Toscana, ritornate in Veneto; ritornate in Sardegna; ritornate ai vostri quartieri e ai sobborghi delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.

Vi dico oggi amici miei, che, anche se dovrete affrontare le asprezze dell’oggi e del domani, io ho ancora davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno italiano, ho il sogno che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il vero senso delle sue convinzioni. Noi riteniamo ovvia questa verità: che tutti gli esseri umani sono creati uguali.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline delle nostre regioni del sud, e sulle verdi pianure del nord i figli di coloro che un tempo furono emigranti sfruttati e i figli di chi un tempo li sfruttava e costringeva a emigrare, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.

Io ho davanti a me un sogno, che un giorno persino la Sicilia, la Campania, la Calabria, regioni colme di criminalità, colme di disoccupazione, ospedali vecchi ed emigrazione, saranno trasformate in oasi di libertà e sicurezza sociale.

Io ho davanti a me un sogno, che i miei figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, il loro accento, la loro provenienza o il loro portafoglio, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!

Ho davanti a me il sogno che un giorno, nelle ricche regioni del nord, con i suoi razzisti ipocriti e maligni, con i suoi governatori dalle cui labbra pendono parole subdole di odio e sobillamento, che un giorno proprio lí, piccoli bambini di qualsiasi colore ed estrazione sociale, giocheranno tenendosi per mano come fratelli e sorelle, gridandogli in faccia “vi abbiamo smascherato!” Ho un sogno, oggi!
Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà rialzata, ogni collina e ogni montagna saranno spianate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi storti raddrizzati; e la gloria del Signore si mostrerà, e tutti gli esseri viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza.
Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.

Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza.

Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che saremo liberi un giorno.
E questo sarà il giorno – questo sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio potranno cantare con un significato nuovo:
“Paese mio, di te,
Dolce terra di libertà,
È di te, che canto.
Terra dove i miei padri son morti,
Terra di pellegrino orgoglio,
D’ogni pendice di montagna,
Fai risuonar la libertà!”

E se l’Italia vuole essere una grande nazione, questo deve accadere.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose Montagne dell’Appenino!
Risuoni la libertà dal Monte Cervino!

Risuoni la libertà dalle Dolomiti!
Risuoni la libertà dai dolci pendii del Vesuvio.
Risuoni la libertà dalle sinuose discese dell’Etna, imbiancato di neve!

E non solo questo.

Risuoni la libertà dal Monte Rosa e dalla Barbagia!

Risuoni la libertà dal Gran Sasso d’Italia, dall’Aspromonte alla Sila!

Risuoni la libertà da ogni versante di montagna!

Da ogni pendice risuoni la libertà! E quando questo succede, quando lasciamo risuonare la libertà, quando risuonerà da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni regione e da ogni città, saremo capaci di accelerare anche l’arrivo del giorno in cui tutti i figli di Dio, di qualsiasi provenienza, nazione e credo: neri e bianchi, ebrei o arabi, americani o europei, protestanti, cattolici, musulmani, atei o buddisti sapranno unire le mani e cantare le parole di quella vecchia canzone popolare che recita:

“Liberi finalmente, liberi finalmente;
Grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente”.

 

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