di Raoul Marc Jennar, ricercatore di Oxfam

I testi ufficiali provano che, contrariamente a ciò che afferma la Commissione europea – questa sorta di governo non eletto, né controllato, che agisce essenzialmente al servizio delle lobbies affaristiche – l’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (AGCS), che ha dato il via alla programmazione della privatizzazione completa di tutti i settori dei servizi, rappresenta una grave minaccia per la democrazia, per i diritti fondamentali, per il modello sociale europeo e per la sovranità dei popoli del Sud del mondo.

Gli accordi di Marrakech, firmati nel 1994 al termine dell’Uruguay Round, forniscono il quadro istituzionale e normativo per comprendere i processi di mercificazione in atto del pianeta. Uno di questi accordi ha creato l’OMC, l’Organizzazione Mondiale per il Commercio. Un altro, l’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi, o AGCS, ha dato il via alla programmazione della privatizzazione completa di tutti i settori dei servizi. In questo sistema unico di governo mondiale, basato sulle sole regole della concorrenza commerciale, l’Unione europea ( UE) sta avendo un ruolo molto aggressivo, di motore della liberalizzazione dei servizi. Per misurare il rischio reale di vedere la mercificazione del mondo tradursi in realtà, bisogna tenere presente, al tempo stesso, l’ideologia dominante che ispira gli Accordi di Marrakech, la potenza dell’OMC, e il carattere costrittivo dell’AGCS. E’ anche necessario non lasciarsi fuorviare dal doppio linguaggio della Commissione europea, questa sorta di governo non eletto, né controllato, che agisce essenzialmente al servizio delle lobbies affaristiche.

L’OMC, strumento dell’ideologia commerciale

Con gli accordi di Marrakech gestiti dall’OMC, é stato dato il via alla trasformazione globale di tutti i rapporti che governano la vita delle persone. La dottrina che si é imposta attraverso questi accordi é quella del libero scambio assoluto. I rapporti umani sono assimilati a dei rapporti commerciali, e sottomessi alle regole della libera concorrenza. Queste esigono l’azzeramento di qualsiasi particolare diritto individuale o collettiva, non compatibili con questo imperativo. Alla fine, a ben vedere, nessuno Stato avrà più il diritto di mettere in opera delle politiche specifiche che tengano conto delle particolarità, dei bisogni, delle priorità nazionali, o che esprimano una modalità peculiare di condividere valori comuni. Scelte economiche o fiscali, priorità sanitarie, sociali, ambientali o etiche, saranno equiparate a degli «ostacoli al commercio». Ciò varrà per i paesi ricchi come per quelli poveri. Tutti gli Stati dovranno rinunciare alle proprie legislazioni e sottomettere i propri cittadini alle regole della concorrenza commerciale, che privilegiano ipso facto gli interessi privati dei potenti. Al termine del processo, il mondo solido e liquido, quello minerale, vegetale, animale, e all’interno di questo, tutto ciò che appartiene alla natura del vivente, compreso ciò che l’essere umano crea e produce, tutto sarà messo in vendita e sarà acquistabile sul libero mercato. L’OMC é oggi l’organizzazione internazionale più potente del mondo, perché concentra il potere di creare le regole, di applicarle e di sanzionare i paesi che non le rispettano. E’ la sola istituzione internazionale che dispone del potere di imporre il rispetto delle regole che crea e gestisce. Inoltre, queste regole vanno molto aldilà delle questioni strettamente commerciali..L’OMC é un’organizzazione che funziona in condizioni di non trasparenza, governata da una oligarchia, che sottomette tutti i paesi membri alla volontà dei più potenti: Europa, Stati Uniti, Giappone, Canada 1 . Tramite l’OMC e i poteri che é la sola a detenere, il diritto alla libera concorrenza passa sopra tutti gli altri diritti e in particolare ai diritti economici, sociali, ambientali riconosciuti ai cittadini dalle costituzioni, dalle leggi e dai regolamenti adottati a livello nazionale o sanciti da patti internazionali. Tutti gli Stati membri dell’OMC sono tenuti ad applicare le disposizioni contenute negli accordi gestiti dall’OMC. L’AGCS é lo strumento giuridico internazionale col quale, in seno all’OMC, i paesi industrializzati intendono applicare radicalmente la dottrina del libero scambio nel settore del terziario, il settore della vita economica e sociale che raggruppa tutto l’insieme dei servizi. Per servizi si intende generalmente l’insieme delle attività che non sono di competenza dell’agricoltura o dell’industria. Si tratta di funzioni di utilità generale, quali le attività finanziarie (assicurazioni, banche), la distribuzione (piccolo commercio o grandi centri commerciali), le attività di assistenza e di consulenza (servizi contabili, giuridici, fiduciari), settori non commerciali quali tutte le attività di interesse generale: sociali, culturali, educative, la salute, la protezione dell’ambiente, i trasporti, le telecomunicazioni, le amministrazioni, i tempo libero e il divertimento. Nei paesi più industrializzati i servizi occupano più del 60% della popolazione attiva. I servizi possono essere gestiti sia da privati, che da enti pubblici, o da privati sovvenzionati dai poteri pubblici.

 

L’AGCS, UNA MACCHINA PER PRIVATIZZARE

 

L’AGGS é un trattato internazionale i cui obiettivi sono «le misure che riguardano il commercio dei servizi» (vedi articolo 1,1 del testo), dove pudicamente, con il termine «misure» si intende l’insieme delle leggi, delle procedure e delle decisioni amministrative nazionali, regionali e locali (articolo 28, definizione) prese da «governi o amministrazioni centrali, regionali, locali, e organismi non governativi, nel momento in cui questi esercitano potere delegati» (articolo 1,3 a). L’AGCS intende quindi agire sulle leggi e i regolamenti nazionali e locali, anche quando questi riguardano delle istituzioni private che assolvono funzioni di interesse generale. Con quale scopo? Come affermato nelle considerazioni 2 e 3 del testo e nell’articolo 19, per «elevare progressivamente il livello di liberalizzazione del commercio dei servizi». In che modo? Attraverso «dei cicli di negoziati successivi che si terranno periodicamente». Durante ogni ciclo di negoziati ogni Stato sarà invitato a procedere a delle nuove liberalizzazioni nei settori dei servizi che non si era fin ad allora impegnato a liberalizzare (articolo 19). Il termine del processo, che non é fissato, é dato dalla liberalizzazione di tutti i settori dei servizi, dopo aver eliminato, negoziato dopo negoziato, gli « ostacoli al commercio », rappresentati dalle legislazioni nazionali e dalle regolamentazioni locali che proteggono specificità proprie a ciascun paese, regione, comune, o comunità. Si tratti di norme etiche, sociali, sanitarie, ambientali o culturali. Di quali servizi si tratta? Il testo é chiaro: si tratta di «tutti i servizi di tutti i settori all’eccezione dei servizi che non sono forniti su base commerciale né in concorrenza con diversi fornitori di servizi « (articolo 1, 3 b e c). Di fatto, con l’eccezione di certi servizi fondamentali dello Stato, come la difesa, la giustizia e i servizi amministrativi dei poteri centrali e locali, tutto il resto é di pertinenza dell’AGCS. Dall’educazione ai parchi nazionali, passando per i servizi legati all’acqua, l’OMC ha tracciato una lista di non meno di 160 diversi settori di servizi..L’AGCS agisce sulle regolamentazioni e le procedure esistenti secondo approcci diversi. Impone degli obblighi a tutti gli Stati membri dell’OMC e ai poteri loro subordinati, secondo un quadro normativo che classifica la fornitura di servizi in quattro diverse modalità (articolo 1,2 e per la modalità 4, Annesso all’AGCS sul movimento delle persone fisiche): – Modalità 1 : la fornitura transfrontaliera di servizi. Esempio: uno studio di avvocato in un paese A che fornisce consulenza a un cliente in un paese B. In virtù dell’AGCS si tratta di esportazione di un servizio da un paese A verso un paese B, e solo il servizio offerto attraversa le frontiere; – Modalità 2: il consumo transfrontaliero di servizi, Esempio: un turista di un paese A che usufruisce di servizi di un garagista di un paese B. Secondo l’AGCS si tratta di esportazione di un servizio da un paese B verso il paese A; – Modalità 3: un fornitore di servizi di un paese A che si installa sul territorio di un paese B. Esempio: una catena alberghiera di un paese A che si installa in un paese B. In virtù dell’AGCS si tratta di esportazione di servizi dal paese A verso il paese B; – Modalità 4: la possibilità per un fornitore di servizi di un paese A di ricorrere a personale originario di un paese B, per un periodo determinato, secondo regole salariali e sociali del paese B. Esempio: un’impresa di costruzioni di un paese A, dotato di regolamenti in materia di salari, di protezione sociale, di condizioni di lavoro, che si avvale per un anno di manovali provenienti da un paese B, dove queste regole sono inesistenti o meno vantaggiose per l’impresa. In virtù dell’AGCS si tratta di esportazione di servizi dal paese B al paese A. Nel dicembre 2002, il Commissario europeo incaricato delle negoziazioni all’OMC, Pascal Lamy, ha riconosciuto che le modalità 3 e 4 dell’AGCS rappresentano un accordo multilaterale sull’investimento del settore dei servizi 2 . A tutti gli Stati membri dell’OMC, l’AGCS impone due obblighi generali: il trattamento di nazione più favorita, il trattamento nazionale e la trasparenza. Il trattamento di nazione più favorita obbliga ogni Stato ad accordare a tutti i fornitori di servizi di tutti gli Stati membri dell’OMC lo stesso trattamento che accorda a un particolare fornitore di servizi, di uno fra questi Stati. Per esempio, uno Stato A che concede degli sgravi fiscali a un’impresa di uno Stato B, é obbligato a fare identiche concessioni alle imprese dello stesso settore di tutti gli Stati membri dell’OMC. Le facilitazioni una volta accordate ai paesi sulla base di accordi bilaterali, come lo stato di Nazione più favorita (MFN o Most Favoured Nation) si estendono automaticamente a tutti i Membri dell’OMC, che diventano così tutti nazione più favorita. L’obbligo del trattamento nazionale impone ad ogni paese di accordare a tutti paesi membri lo stesso trattamento riservato ai propri cittadini, si tratti di persone fisiche, enti morali, imprese private di servizi, senza alcuna forma di discriminazione, o alcun regolamento restrittivo. In sostanza le compagnie straniere devono essere trattate come se fossero fornitori di servizi del paese ospitante, su una base di totale uguaglianza, senza alcuna discriminazione. L’obbligo alla trasparenza impone ad ogni Stato di fornire all’OMC l’insieme delle leggi, dei regolamenti, delle procedure nazionali e locali che sono in relazione con la fornitura di servizi. Gli USA propongono che queste «misure» di regolamentazione siano sottoposte al vaglio dell’OMC prima di essere approvate dalle istituzioni nazionali o locali competenti..Un certo numero di rappresentanti politici europei non sono del tutto ostili a questa proposta. Lo dimostra la reazione del presidente della Regione di Bruxelles alla proposta di privilegiare i prodotti del mercato equo e solidale nelle refezioni scolastiche e nelle mense dell’amministrazione, secondo il quale una tale iniziativa doveva prima ricevere l’approvazione dalla Commissione europea e dall’OMC. L’AGCS intende anche sottomettere gli Stati a delle «norme» in materia di sovvenzioni, in modo che queste non abbiano effetti di distorsione sul commercio dei servizi (articolo 15). Queste «norme» saranno elaborate all’interno dell’OMC. Decine di settori dei servizi, specialmente quelli non commerciali, sono minacciati da queste “norme”. Nel momento in cui uno stato prende l’impegno di liberalizzare un settore di servizi, l’AGCS gli impone obblighi specifici. Questi riguardano la trasparenza, le leggi e i regolamenti interni, l’accesso al mercato e il trattamento nazionale. Ma cosa significa prendere un impegno? In primo luogo, in fase negoziale, lo Stato indica per il settore in questione il livello di liberalizzazione raggiunto. Ciò comporta che il settore in questione venga automaticamente congelato, cioè protetto da ogni nuova forma di intervento dei poteri pubblici. Dopodiché l’impegno si basa sulle intenzioni dello Stato rispetto al settore: cosa vuole liberalizzare in prima istanza? Secondo quale modalità di fornitura di servizi? Ed eventualmente che limiti impone a questo processo? I limiti, chiamati “esenzioni”, saranno passibili di revisione durante i negoziati successivi e in ogni caso non possono essere di durata illimitata. I limiti devono essere indicati in modo formale, in una lista di esenzioni. Questa lista permetterà di conoscere, per ogni settore, il grado di applicazione delle obbligazioni dell’AGCS in ognuna delle modalità di fornitura di servizi. Per ogni settore impegnato nel processo di liberalizzazione gli obblighi specifici ai quali é tenuto ogni Stato sono: – in nome della trasparenza, fornire all’OMC come minimo ogni anno le nuove disposizioni normative e regolamentarie così come le modifiche a quelle esistenti in rapporto col settore; – per quello che riguarda le leggi, i regolamenti, le procedure legali e amministrative dei poteri centrali e locali degli Stati, non possono essere «più rigorose del necessario» al fine di non costituire «ostacoli non necessari al commercio dei servizi» (articolo 6,4). L’AGCS conferisce all’OMC il compito di elaborare le «norme» che avranno come obiettivo di identificare questi ostacoli. Tra le disposizioni in discussione ci sono i criteri di definizione della potabilità dell’acqua, le regole che definiscono le qualifiche professionali, le norme di sicurezza sul lavoro, le tariffe preferenziali accordate dai poteri pubblici ai più bisognosi per quanto riguarda acqua, elettricità, gas e telefono, il salario minimo garantito. In virtù dell’articolo 6,5, le norme elaborate dall’OMC si sostituiranno alle «norme internazionali delle organizzazioni internazionali competenti» una volta adottate dall’OMC; il che significa che l’AGCS avrà la preminenza sull’insieme del diritto internazionale! – una volta presi degli impegni in materia di accesso al mercato in un settore particolare, lo Stato non ha più il diritto di imporre limitazioni sul numero dei fornitori, sul valore delle transazioni, sul numero totale di operazioni, sul numero di persone fisiche impiegate, sul tipo di entità giuridiche, sul volume del capitale straniero investito; – la regola del trattamento nazionale si applica in ogni settore nel quale si prende un impegno. Ciò obbliga ad accordare ai fornitori di servizi stranieri lo stesso trattamento accordato a quelli nazionali..Questi obblighi specifici hanno delle conseguenze estremamente importanti: a) quando un paese prende l’impegno di accordare, senza restrizioni, l’accesso al mercato ai fornitori di servizi, ciò significa che deve rinunciare al monopolio dei servizi pubblici nel settore interessato; gli stessi partigiani dell’AGCS affermano che « l’apertura dei mercati dei servizi ai fornitori stranieri é evidentemente in contraddizione con il mantenimento dei monopoli pubblici 3 » b) quando un paese prende l’impegno di accordare senza restrizioni il trattamento nazionale a un settore dei servizi, ciò significa che in quel settore ogni forma di distinzione tra settore commerciale e settore non commerciale deve sparire, perché é vietato accordare a dei servizi di quel settore sovvenzioni, prestiti agevolati, garanzie sui prestiti, doni o qualsiasi altra cosa che potrebbe interferire con la libera concorrenza; c) l’applicazione del trattamento nazionale porta quasi meccanicamente dalla liberalizzazione alla privatizzazione, perché i poteri pubblici, nel rispettare tale principio, saranno finanziariamente asfissiati; d) gli impegni mettono fine alle libere scelte democratiche. In effetti, le regole relative all’accesso al mercato e al trattamento nazionale toglieranno alle istituzioni democratiche tutto il potere di adottare delle politiche conformi al volere dei cittadini a livello di comunità locale, di comune, di provincia, di regione o dell’intero Stato. Inoltre, una volta preso, l’impegno é irreversibile. L’articolo 21 dell’AGCS precisa infatti che uno Stato che volesse modificare i propri impegni in un senso che non va verso una maggiore liberalizzazione, dovrà negoziare con tutti gli altri stati membri dell’OMC le compensazioni finanziarie che questi avranno il diritto di esigere. In caso di contenziosi, sarà l’OMC stessa, tramite il proprio organo di regolamentazione, a decidere. Ciò significa chiaramente che i cittadini, attraverso le elezioni, non avranno più la possibilità di cambiare le scelte effettuate dal governo se queste si riveleranno dannose per la collettività.

 

 

 

I SERVIZI PUBBLICI MINACCIATI

 

Per alcuni la difesa della nozione di servizio pubblico sarebbe un arcaismo di sinistra, tipico fenomeno di “dinosauri” incapaci di adeguarsi alle sfide della modernità. Ma le necessità “moderne” sembrano più che altro l’alibi di coloro che vorrebbero ritornare indietro su alcuni diritti fondamentali che sono stati costretti a concedere. Oggi, come ieri, coloro che sottomettono le scelte della società alle priorità economiche, invocano la necessità di essere “moderni”. Eppure la modernità dovrebbe consistere nel mettere al servizio di tutti, gli strumenti che ottimizzano la capacità di messa in opera dei diritti fondamentali: il diritto alla salute, all’educazione, il diritto di respirare, bere e mangiare senza essere minacciati da pericoli creati da attività umane, l’accesso a servizi comuni, basati sul rispetto della collettività e dell’individuo, quali per esempio le comunicazioni, i trasporti di persone e di beni, il flusso delle informazioni… L’ideologia dominante, che sembra prevalere nei protagonisti politici aldilà dello schieramento di appartenenza, vorrebbe far credere che l’interesse generale sarebbe meglio servito se messo nelle mani dell’iniziativa privata, ovvero di interessi privati..Lo slogan – perché a questo si riduce il concetto – « il privato é qualitativamente migliore, é più sicuro, é meno caro » é diventato un nuovo articolo di fede al quale tutti i cittadini sono invitati ad aderire. Occultando con questo le smentite spettacolari di cui la realtà ci fornisce ogni giorno chiari esempi. La privatizzazione si limita regolarmente a sostituire a un monopolio pubblico un monopolio privato, il che spesso non comporta alcun vantaggio per il consumatore. La privatizzazione infatti quasi sempre porta al deterioramento delle norme qualitative (sicurezza, livello sanitario…) e qualche volta anche all’aumento dei prezzi. Oltre che, nella maggior parte dei casi, ad una eliminazione massiccia di posti di lavoro. Nonostante ciò, é il dogma della superiorità del privato che si trova alla base dell’ AGCS. Certo anche il feticismo inverso, che porta a sacralizzare i servizi pubblici, va rifiutato. Bisogna riconoscere che i servizi pubblici dovrebbero fare dei progressi, per migliorare le loro prestazioni, per aumentare le loro capacità di adattamento alle nuove tecnologie disponibili e per rispondere meglio alle attese dei fruitori. Ma al giorno d’oggi, in una società dove lo Stato svolge una funzione redistributiva necessaria per affermare principi di solidarietà e di eguaglianza, i servizi pubblici sono insostituibili. Solo i servizi pubblici possono impedire le derive verso un modello sociale che rende accessibili solo a chi può pagare servizi come la sanità, l’educazione e a tutela della qualità della vita in generale. L’AGCS é una macchina per liberalizzare, rappresenta una minaccia di primaria importanza per tutti coloro che sono convinti che l’autorità pubblica é garante dell’esercizio dei diritti fondamentali e del primato dell’interesse generale. Per quattro ragioni principalmente: Prima ragione: il carattere evolutivo dell’AGCS. Questo accordo, a differenza di molti trattati internazionali, non costituisce un punto di arrivo ma fissa un punto di partenza. Il carattere continuo e ininterrotto del processo di liberalizzazione toglie ogni garanzia di poter risparmiare un settore particolare dei servizi. Quello che non sarà liberalizzato oggi potrà esserlo domani, nel quadro dello stesso trattato. E anche aldilà, se si guarda il documento depositato all’OMC dalla missione statunitense, che afferma, evocando le restrizioni attualmente autorizzate: « La nostra sfida é di riuscire nella soppressione significativa di queste restrizioni in tutti i settori dei servizi, affrontando prima le disposizioni nazionali già sottomesse alle regole dell’AGCS, e in seguito le disposizioni che non sono attualmente sottomesse alle regole dell’AGCS, coprendo tutte le modalità di fornitura dei servizi 4 » Seconda ragione : l’AGCS non offre alcuna garanzia che vengano risparmiati i settori nei quali l’uguaglianza dei diritti non può in nessun modo essere rimessa in questione, come per esempio l’educazione, la sanità o la cultura. L’accordo esclude dalle proprie competenze solo i servizi forniti dall’esercizio del potere governativo, e non riconosce i servizi pubblici. Il meccanismo che l’accordo impone porta di fatto al loro smantellamento. L’AGCS, per esempio, non riconosce, e anzi minaccia direttamente, il principio di servizio universale, che obbliga di fatto tutti i fornitori di servizi, pubblici e privati, che agiscono in settori di interesse generale, a fare in modo che nessuno sia discriminato. Nelle domande di liberalizzazione dei servizi indirizzate dall’Unione Europea a 109 altri paesi, sono coinvolti numerosi servizi pubblici (vedi sotto – AGCS e acqua). Terza ragione : già da ora, nei documenti di lavoro dell’OMC, settori come l’educazione, la sanità e la cultura vengono considerati aree di mercato da liberare dalle norme nazionali adottate ovunque si sia cercato di realizzare l’uguaglianza dei diritti. Queste norme sono considerate come degli « ostacoli al commercio». L’OMC, e a monte la Commissione europea, invitano le imprese private a fornire, paese per paese, la lista degli ostacoli alla libera concorrenza, rappresentati da leggi e regolamenti nazionali, regionali, provinciali o locali..Quarta ragione: i dispositivi per proteggere dei settori di servizi, per i quali uno Stato ha preso degli impegni, sono molto labili. Il punto 6 dell’annesso all’AGCS relativo alle esenzioni dispone che « in principio le esenzioni non dovrebbero oltrepassare un periodo di dieci anni». Nei documenti riguardanti le esenzioni al trattamento di nazione più favorita 5 che la Commissione europea ha fornito all’inizio del 2003 ai governi dei 15 Stati membri, é indicato che le esenzioni decise nel 1994 e confermate all’inizio di quest’anno, avranno durata «indefinita». Ma un mese prima, in un altro documento, si ricordava l’impossibilità di prolungare le esenzioni 6. È chiaro che la posta in gioco, nel settore dei servizi, é nazionale, europea e mondiale. Non bisogna farsi fuorviare dal fatto che molti paesi del Sud non dispongono di servizi pubblici adeguati. Non per questo sono disposti a derogare sulle loro specificità culturali, le loro risorse naturali, i loro modelli di organizzazione sociale, o il loro patrimonio. E non sono neanche disposti a sostituire alla tutela economico-sociale delle antiche potenze coloniali l’asservimento agli interessi economici delle società transnazionali. Da loro, come da noi, il settore privato può fornire una parte delle risposte ai bisogni fondamentali. Ma non può rappresentare l’unica risposta.

 

L’UNIONE EUROPEA E L’AGCS

 

  1. AUTODISTRUZIONE DEL MODELLO EUROPEO

 

Che significa «modello europeo » ? Normalmente ci si riferisce alle politiche che la maggior parte dei paesi d’Europa hanno sviluppato, a partire dal 19 ° secolo e che, con gradi e sfumature diverse, tendevano a conferire allo stato e ai poteri pubblici un importante ruolo regolatore e ridistribuivo, garante sia della libertà dei cittadini che della solidarietà tra di loro. L’idea secondo la quale le persone hanno non solo dei diritti individuali (libertà d’opinione, d’espressione, d’associazione, di stampa, di culto ecc…) ma anche dei diritti collettivi (diritto alla salute, all’educazione, alla cultura, al lavoro, alla casa, all’assistenza sociale…) é nata in Europa. Il «modello europeo », soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, é diventato l’espressione più forte di una concezione dello Stato garante della democrazia, che tende verso una eguaglianza effettiva in fatto di diritti. Questa volontà di oltrepassare i limiti della democrazia formale e di darle invece un contenuto reale si é tradotta in una elaborazione di politiche inquadrate, garantite e gestite dai poteri pubblici: il salario minimo garantito, la durata massima di ore di lavoro settimanali, la cassa integrazione e i sussidi di disoccupazione, le casse malattia, l’invalidità, la pensione… Queste politiche hanno sancito l’esistenza di organizzazioni sindacali; hanno promosso una concertazione regolare tra quelle che vengono comunemente denominate parti sociali; hanno portato i poteri pubblici, a diversi livelli, a creare e amministrare degli organismi chiamati “servizi pubblici”; infine hanno spinto le autorità a lavorare con una rete di istituzioni e associazioni private, definite come settore no-profit , al servizio del pubblico e sostenuto dai poteri pubblici,. Con delle varianti da un paese all’altro del Vecchio Continente, per « modello europeo » si intende questo. E’ senza dubbio migliorabile, ma certo rappresenta il più importante passo in avanti verso l’obiettivo di riconciliare libertà e solidarietà, di fortificare la democrazia, rifiutando di limitarla al rituale elettorale e a qualche principio costituzionale, per importante che sia. L’alternativa é il modello americano, dove in nome del primato assoluto della libertà, l’individuo passa in primo piano, e “ciascuno per sé” é la regola comune. Dove l’azione caritatevole privata sostituisce e compensa, per quanto possibile, il rifiuto di riconoscere dei diritti garantiti e gestiti dallo Stato e dal servizio.pubblico. Dove non é possibile far sanzionare l’iniquità se non a prezzo di procedure giudiziarie costose che solo i più abbienti possono intentare. Dove lo Stato é potente solo nei settori delle forze armate, dei servizi di sicurezza, dell’apparato repressivo, e nei settori in cui si articola con le compagnie private. Sfortunatamente, la scelta di costruire l’Europa unita privilegiando gli aspetti commerciali, economici e finanziari si rivela distruttiva per il modello elaborato in decenni e decenni di storia sociale. Con l’Atto unico e i trattati di Maastricht e di Amsterdam, le priorità date alla libera concorrenza in un mercato unico sono servite come giustificazione per rovesciare radicalmente le politiche condotte dalla fine del 19 ° secolo con lo scopo di creare, rinforzare e organizzare la solidarietà. A tal punto che, senza esagerazioni, l’Europa sta oggi distruggendo ciò che gli europei hanno costruito in cento anni. L’ampiezza delle privatizzazioni imposte dalla Commissione Europea o decise dai governi degli Stati europei, e la volontà, quasi sistematica, di affidare all’iniziativa privata delle attività la cui finalità é servire l’interesse generale, hanno rappresentato la prima spinta verso lo smantellamento del modello europeo. Il ruolo trainante dell’Unione Europeo all’interno dell’OMC, e la determinazione aggressiva con la quale essa intende la messa in opera, nella sua percezione più estesa, dell’AGCS, “in vista della liberalizzare a tappe successive di tutti i settori di tutti i servizi” sono all’origine di una seconda spinta, che si sta negoziando attualmente.

 

  1. COLORO CHE DECIDONO VERAMENTE : TABD, UNICE, …

 

Con le priorità che sono state accordate agli aspetti commerciali, economici e finanziari, solo il mondo economico-affaristico é soddisfatto dello stato di avanzamento della costruzione europea. Ciò che si é imposto, di fatto, é una Commissione europea dotata di poteri molto ampi in fatto di commercio, di concorrenza e di questioni finanziarie, che però resta un’istituzione scarsamente controllata da un Parlamento europeo con poteri limitati e da dei governi complici o indifferenti ai quali, usando e abusando dell’estrema tecnicità degli affari in corso, la Commissione impone scelte sociali fondamentali. Le scelte attuali sono ispirate da un’ideologia dominante in seno alla Commissione ovvero, con un dogmatismo degno dell’URSS staliniana, dalla fede nella libera concorrenza assoluta. Queste posizioni sono dettate da dei gruppi di pressione estremamente potenti, ai quali la Commissione non soltanto non oppone resistenza, ma accorda piuttosto l’attenzione più compiacente. Due di queste “lobbies” sono particolarmente importanti e premono in modo particolare perché i servizi siano liberalizzati e si creino i presupposti per la loro privatizzazione: – – il TransAtlantic Business Dialogue (TABD): creato su iniziativa della Commissione europea e del Ministero del commercio statunitense, riunisce i maggiori uomini d’affari statunitensi ed europei; si riunisce ogni sei mesi e pubblica delle «Raccomandazioni»; la Commissione europea, che in linea di principio é incaricata dell’interesse generale dei cittadini e non delle imprese private, ha designato due suoi funzionari alla verifica che queste “Raccomandazioni” siano rispettate. Tra le richieste del TABD vi é la soppressione delle legislazioni e dei regolamenti nazionali, regionali, provinciali e locali che, nel settore della sanità, o dell’ambiente, costituiscono degli “ostacoli al commercio”. E’ in questo contesto che il principio di un salario minimo é rimesso in questione, e che le leggi in materia sociale vengono considerate come ostacoli alla libera concorrenza. A sentire il TABD, i suoi contatti con la Commissione europea sono quotidiani..- l’UNICE (Union of Industrial and Employers Confederations of Europe), la più grande federazione padronale d’Europa, ha creato al suo interno la Rete Europea dei Servizi, o European Services Network (ESN), divenuto poi il Forum Europeo dei Servizi, o European Services Forum (ESF). In stretta collaborazione con il suo equivalente statunitense, l’US Coalition of Services Inustries, questo organismo ha decretato una serie di principi in materia di liberalizzazione dei servizi che si ritrovano nelle posizioni della Commissione europea: pressione per una liberalizzazione estrema in tutti i settori dei servizi; attenzione particolare allo smantellamento delle legislazioni e delle regolamentazioni nazionali contrarie alla libera concorrenza; sorveglianza stretta del rispetto delle regole dell’AGCS da parte degli Stati e dei loro poteri subordinati; soppressione delle esigenze nazionali o locali relative all’impiego; rafforzamento delle “norme” promulgate dall’OMC per limitare le regolamentazioni nazionali o locali, ecc. Questi gruppi di pressione sono i veri e propri centri decisionali. Con il sostegno dei governi dei quindici stati membri la Commissione europea traduce le loro volontà in proposizioni politiche. Non é raro ritrovare, parola per parola, nei documenti della Commissione europea, delle frasi pubblicate negli opuscoli di queste lobbies. Mentre la Commissione rifiuta di comunicare e rendere pubblici agli Stati membri, al Parlamento europeo, e ai parlamenti nazionali, soli veri detentori di una legittimità democratica, i documenti riguardanti le domande e le offerte di liberalizzazione dei servizi, é con questi gruppi di pressione che tali documenti sono elaborati. E’ a costoro che la Commissione europea ha chiesto di redigere, paese per paese, la lista delle legislazioni e dei regolamenti che questi gruppi privati considerano come degli ostacoli al commercio.

 

 

 

 

  1. IL VERO PROGETTO EUROPEO: UN MERCATO UNICO TRANSATLANTICO

 

Il progetto che é in corso non si basa sul perfezionamento o la generalizzazione del modello europeo. Ciò che si sta facendo é il suo smantellamento. I governi europei, di qualsiasi tendenza politica, hanno fatto una scelta capitale, per la quale non hanno mai consultato i propri cittadini: estendere il modello americano al mercato europeo in un quadro che ci viene presentato come un “partenariato economico transatlantico”. Il predecessore di Pascal Lamy, Leon Brittan, Commissario europeo al commercio internazionale, aveva lanciato la negoziazione per un “Nuovo Mercato Transatlantico” (NMT). Come spesso succede con gli anglosassoni, il titolo aveva il merito di enunciare chiaramente il senso e il colore dell’iniziativa: si trattava né più né meno di una vasta zona di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, il che valeva a dire mettere le economie dei quindici paesi europei in balia del sistema statunitense, delle procedure statunitensi, delle imprese statunitensi. Presentato con tale franchezza il progetto risultò troppo scioccante per essere accettato da certi governi che hanno eletto l’ambiguità a metodo. Dopo un’intensa pressione da parte dell’opinione pubblica, delle organizzazioni sindacali e di altre componenti della sinistra francese, il governo Jospin fu costretto a denunciare e rifiutare l’NMT. Ma solo tre settimane più tardi, al summit di Londra fra gli USA e l’UE, il 18 maggio 1998, l’Unione europea (sotto presidenza britannica) e gli Stati Uniti firmavano la « Dichiarazione comune sul Partenariato Economico Transatlantico (PET)», l’identico contenuto dell’NMT presentato in forma diversa. In seguito, ricopiando le Raccomandazioni del TABD, la Commissione europea preparò il «Piano d’Azione per il Partenariato Economico Transatlantico», adottato il 9 novembre 1998 dal Consiglio dei Ministri europeo – senza il minimo dibattito, da quanto risulta dai verbali della riunione..Il PET rappresenta un doppio impegno: a) quello preso in comune da Statunitensi ed Europei per creare progressivamente questa zona di libero scambio transatlantica, eliminando nello spazio europeo tutte le legislazioni e i regolamenti nazionali e locali che potrebbero intralciare l’attività delle imprese statunitensi. Quali, per esempio, la protezione sociale e ambientale, i diritti dei lavoratori, i servizi pubblici, le politiche culturali ed educative, le norme sanitarie, i mercati pubblici, gli investimenti, la concorrenza ecc.; b) quello preso dagli stessi due partner per far avanzare insieme, all’interno dell’OMC, tutti i progetti di liberalizzazione. Per fare ciò USA e UE hanno preso un altro impegno: quello di « considerare il punto di vista del settore affaristico, in particolare all’interno del TABD » e a lavorare insieme « sulla base delle raccomandazioni dell’industria». Il TABD é il vero ispiratore del PET; i suoi dirigenti furono ospiti di Clinton e di Blair quando il PET fu adottato nel maggio 1998. Quanto ai cittadini e ai loro eletti, sono rimasti e continuano a essere tenuti in disparte.

 

  1. I SERVIZI: UNA PRIORITA’ DEL PET

 

I servizi sono oggetto di un’attenzione tutta particolare all’interno del PET o «Piano d’Azione del Partenariato Economico Transatlantico» della Commissione europea: non solo sono considerati tra i temi del dialogo transatlantico, ma sono trattati anche nel quadro delle azioni bilaterali e multilaterali. I servizi sono l’obiettivo prioritario di questo partenariato transatlantico. Le intenzioni sono chiaramente enunciate: definire in comune un « programma ambizioso » di liberalizzazione dei servizi, avente come obiettivi: – aumentare le possibilità di accesso al mercato ; – eliminare gli ostacoli specifici (ovvero le leggi e i regolamenti nazionali e locali) esistenti nel settore dei servizi; – migliorare le condizioni di installazione delle imprese (eliminando le leggi che privilegiano i prestatori d’opera nazionali); – creare nuove regole atte a rafforzare l’accesso al mercato e a garantire che i servizi possano essere forniti in un ambiente propizio alla libera concorrenza (ovvero sopprimere gli obblighi etici, fiscali, sociali, sanitari, ambientali e di gestione del territorio). Si tratta né più né meno di creare una zona di libero scambio USA-UE in cui tutti i servizi saranno progressivamente liberalizzati in un quadro di concorrenza commerciale, senza che i doveri di rendere un servizio pubblico possano essere invocati per ottenere dei trattamenti appropriati.

 

  1. L’IPOCRISIA DI PASCAL LAMY

 

Da qualche tempo il Commissario europeo Pascal Lamy, unico negoziatore all’OMC in nome dell’UE, rilascia esternazioni che fanno credere che stia resistendo alla spinta neo-liberista. Inflaziona i media francesi con espressioni del genere “gestire la globalizzazione”, “per una globalizzazione controllata”. A suo parere l’Europa non é parte del problema ma della soluzione, perché costituisce il miglior bastione contro la rampante spinta neo-liberista che proviene da oltre Manica e dall’altra sponda dell’Atlantico. Ma il linguaggio di Pascal Lamy é differente quando viene invitato dai veri rappresentanti dei poteri decisionali o si trova al tavolo delle negoziazioni..In questo caso, l’ex-banchiere e ex collaboratore della filiale europea della Rand Corporation, principale centro studi del complesso militare-industriale statunitense, é in prima linea per far trionfare il liberismo integrale. Ascoltiamolo mentre, appena investito delle sue nuove funzioni come successore di Leon Brittan, si rivolge all’assemblea del TABD, a Berlino, il 29 ottobre 1999 : « La nuova Commissione sosterrà [le Raccomandazioni del TABD] allo stesso modo della precedente. E noi faremo quello che dobbiamo fare tanto più facilmente quanto più da parte vostra ci indicherete le vostre priorità. » Ascoltiamolo di nuovo, ma questa volta avendo in mente il suo rifiuto attuale di comunicare agli eletti e ai cittadini europei i documenti relativi all’AGCS, mentre si esprime sei mesi più tardi di fronte alla stessa lobby, il 23 maggio 2000 a Bruxelles : « Le relazioni di fiducia e di scambio di informazioni tra mondo degli affari e Commissione europea non saranno mai abbastanza numerose (…) Noi facciamo grandi sforzi per mettere in opera le vostre Raccomandazioni nel quadro del partenariato transatlantico e in particolare, ci sono stati dei progressi sostanziali in numerosi settori sui quali voi avete attirato la nostra attenzione.(…) In conclusione, noi faremo il nostro lavoro sulla base delle vostre Raccomandazioni». E infine ascoltiamolo parlare davanti a coloro con i quali può esprimersi in tutta franchezza, mentre si rivolge al Consiglio per il Commercio Internazionale statunitense, l’US Council for International Business, a New York, l’ 8 giugno 2000 : « Abbiamo bisogno del sostegno del mondo degli affari al sistema dell’OMC per [arrivare a] una maggiore liberalizzazione». Come si può accordare fiducia a un uomo che osa ripetere, oggi, che salute, educazione, cultura, non sono minacciate dall’AGCS? A Strasburgo, il 6 ottobre 1999, dichiarava : « L’OMC deve allargare le sue competenze per inglobare aspetti della società come l’ambiente, la cultura, la salute, la nutrizione, che, come la concorrenza e l’investimento, non possono più essere tenuti separati dal commercio». Colui che sarebbe latore di un messaggio proclamato di umanesimo, di solidarietà, e di generosità dell’Europa verso i paesi poveri, quando si trova al tavolo dei negoziati, si comporta come il più implacabile, aggressivo e arrogante dei negoziatori. Ascoltando le testimonianze dei paesi del Sud che partecipano ai negoziati, non si ha più nessun dubbio sulla doppiezza del suo linguaggio e sulla sua adesione al liberismo più dogmatico. Colui che osa parlare di « partenariato » con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico é lo stesso che impone a questi paesi il rispetto dei piani di aggiustamento strutturale dell’FMI che distruggono i sistemi educativi e di assistenza, e che impone loro il rispetto degli accordi economici dell’OMC nonostante ne esperimentino la portata distruttiva per il loro sviluppo. Colui che dichiarava nel 2002 al giornale francese Libération « la salute deve venire prima del profitto », é anche lo stesso che alla riunione interministeriale dell’OMC a Doha, sulla questione dell’accesso ai farmaci essenziali, ha proposto soluzioni che rappresentavano per i paesi interessati un passo indietro rispetto allo stesso status quo. Colui che pretendeva di voler rispettare il principio del servizio pubblico come elemento costitutivo del « modello europeo », é lo stesso che ha domandato, e ottenuto, dall’OMC l’inizio delle negoziazioni sulla privatizzazione dei beni e dei servizi ambientali (tutta la catena dell’acqua, dalla fonte ai sistemi di depurazione, tutta la catena energetica, petrolio, gas, nucleare e energie alternative incluse, comprese le politiche di gestione dei rifiuti, le riserve naturali, le politiche sul turismo, e certi aspetti della gestione del territorio…). L’Unione europea è la più aggressiva nel chiedere l’inizio dei negoziati sugli investimenti, i mercati pubblici, la concorrenza e la facilitazione degli scambi. Si tratta non solo di resuscitare l’Accordo Multilaterale sull’Investimento, il MAI, rifiutato nel 1998, ma di andare molto più in là nello smantellamento delle politiche per lo sviluppo locale o regionale, e di rafforzare la sottomissione dei popoli alle volontà delle imprese multinazionali..E’ chiaro che se i governi europei, come certuni pretendono, vogliono gestire la globalizzazione, dovrebbero cominciare col gestire Pascal Lamy, rivedendo il mandato estremamente ampio che gli é stato affidato nel 1999 per la conferenza dell’OMC a Seattle, e che da allora non é più stato modificato.

 

  1. L’AGGRESSIVITÀ NEO LIBERISTA DELLA COMMISSIONE EUROPEA

 

«Nessuno Stato é obbligato a impegnare un settore di servizi nel processo di liberalizzazione» ripetono a sazietà i difensori dell’AGCS, e in prima fila tra loro il Commissario europeo Pascal Lamy. Ma che ne é veramente della cosiddetta autonomia degli Stati in relazione all’AGCS ? Cosa resta del diritto sovrano di ogni Stato a legiferare e regolamentare il proprio paese secondo il volere dei cittadini? Cos’é realmente questa « flessibilità » dell’AGCS, continuamente invocata da Pascal Lamy ? Prima di tutto uno Stato, una volta divenuto membro dell’OMC, é tenuto ad applicarne tutti gli accordi. Inoltre l’AGCS impone a tutti i governi il rispetto delle obbligazioni generali, per le quali non esiste alcuna esenzione. Infine, mentre fa mostra di altri propositi, P. Lamy, col sostegno dei 15 governi europei, propone di aumentare il livello degli impegni presi, il che significa spingere il massimo dei paesi a impegnarsi nella liberalizzazione del maggior numero di settori di servizi. E’ chiaro che questo processo non mira a proteggere le legislazioni interne dei paesi, ma piuttosto a smantellarle. Così, su iniziativa dell’Unione europea, la conferenza ministeriale riunita a Doha nel novembre 2001, ha deciso un calendario che incita i paesi ad entrare nel processo di liberalizzazione. Le affermazioni del Commissario europeo non sono altro che della teoria astratta, perché ogni Stato deve sottostare alle richieste di liberalizzazione di altri Stati, ed é esso stesso obbligato a offrire (é il termine utilizzato) settori di servizi al Moloch del libero scambio assoluto. In previsione di tradurre le decisioni di Doha in realtà, la Commissione europea ha privilegiato un intenso dialogo con il Forum Europeo dei Servizi (ESF), l’associazione padronale dei fornitori di servizi europei. Nell’Ottobre 2001, João Aguiar Machado, capo servizio alla Direzione generale di Pascal Lamy, scriveva a Pascal Kerneis, direttore dell’ESF, per sollecitare la collaborazione nella preparazione delle future domande europee di liberalizzazione: « Noi accoglieremo molto favorevolmente le proposte dell’industria, nella misura in cui ci permetteranno sia di identificare dei problemi, che di formulare delle domande. Senza l’apporto dell’ESF l’esercizio rischia di diventare puramente intellettuale, il che potrebbe farci ignorare questioni importanti 7 » Al contrario, sebbene l’organizzazione dei servizi appartenga ad una sfera di competenza dei cittadini europei e delle loro rappresentanze, la tecnocrazia europea ha accuratamente trascurato le istanze democratiche dei 15 Stati membri: nessun parlamento nazionale é stato consultato sulle scelte che la Commissione ha operato in concertazione con gli ambienti affaristici. Il 30 giugno 2002, applicando le decisioni prese a Doha, la Commissione europea, in nome dei popoli d’Europa, ha domandato a 109 paesi di liberalizzare un certo numero di settori di servizi. La Commissione, approfittando della complicità o dell’indifferenza dei governi dei 15, aveva imposto il segreto assoluto, senza la minima base legale 8 . Grazie a dei cittadini coraggiosi, questi 109 documenti sono stati fortunatamente divulgati 9 . Altrettanto é successo per le offerte 10 . Ci si può così rendere conto dell’ampiezza del processo di liberalizzazione che queste domande genereranno, se i negoziati sulle domande e le offerte, bilaterali prima e multilaterali in seguito, andranno in porto..

 

L’AGCS E L’ACQUA

 

Per la Commissione europea l’acqua non può più essere considerata come un elemento costitutivo del patrimonio comune dell’umanità, ma piuttosto come una merce che deve essere trattata sui mercati alla stregua del petrolio. La Commissione, agli ordini delle multinazionali, intende imporre la « petrolizzazione » dell’acqua. Lo fa con tanta aggressività perché fino ad oggi nessun paese ha sottoscritto degli impegni in materia di distribuzione dell’acqua. La conferenza interministeriale dell’OMC a Doha ha dato una spinta molto forte al processo di « petrolizzazione » dell’acqua. Su proposta dell’Unione europea sono state prese delle decisioni maggiori, che si inscrivono sia nel quadro del ciclo di negoziati deciso a Doha, che nel processo continuo messo in opera tramite l’AGCS. E’ su domanda dell’Unione europea che l’OMC ha inserito nel programma dei negoziati che termineranno il 1 gennaio 2005 « la riduzione, e, se appropriato, l’eliminazione degli ostacoli tariffari e non tariffari ai beni e ai servizi ambientali» [punto 31 (iii) della dichiarazione ministeriale]. I ministri hanno anche convenuto che queste negoziazioni debbano accordare una « attenzione particolare » a « l’effetto delle misure ambientali», al fine di presiedere a « l’eliminazione o riduzione» delle distorsioni che tali misure potrebbero provocare sul commercio. Hanno anche indicato che i lavori su questi punti dovranno dare luogo a risultati compatibili con il carattere non discriminatorio delle regole commerciali (punto 32). La Commissione europea, per indirizzare le sue domande di liberalizzazione di servizi del settore idrico di altri paesi, ha coniato una nuova classificazione dei servizi ambientali. Di sua iniziativa ha infatti creato una categoria : « gestione dell’acqua per i bisogni umani e gestione della depurazione». Con questa denominazione ha indirizzato domande di liberalizzazione dei servizi idrici e di depurazione a 72 dei 109 paesi complessivi cui si è rivolta. Queste richieste riguardano anche servizi di distribuzione dell’acqua non lucrativi. Ogni volta la Commissione europea richiede che il paese si impegni ad applicare il trattamento nazionale e l’accesso al mercato per la ricerca e la gestione delle falde acquifere, per la captazione, la purificazione e lo stoccaggio delle acque, per la distribuzione e il trattamento di depurazione. Tutti i poteri pubblici sono sotto attacco, dallo Stato al comune locale. Ben illustrando il proprio disprezzo per le scelte democratiche dei popoli, la Commissione europea ha specificamente domandato ad alcuni governi di liberalizzare il settore dell’acqua anche in paesi dove, su pressione degli abitanti e degli eletti, il processo di liberalizzazione avviato dal governo é stato in seguito rifiutato o limitato, come la Bolivia, l’Egitto, Panama, o il Paraguay. Inoltre, in molte lettere scambiate nel periodo di maggio-giugno 2002, tra Suez-Lyonnaise des Eaux e Ulrike Hauer, dell’ufficio di Pascal Lamy, la Commissione europea ha confermato la propria determinazione a fare pienamente uso delle possibilità date dall’articolo 6,4 dell’AGCS e la sua intenzione di far adottare delle “norme”. La Commissione ha inoltre domandato a questa società privata di comunicarle le leggi e i regolamenti che, paese per paese, «influenzano negativamente le vostre operazioni», insistendo sulle leggi nazionali che impongono il servizio universale. Infine, come ha sottolineato il giurista statunitense Lori Wallach, la liberalizzazione delle acque sotterranee apre la strada alla privatizzazione delle falde freatiche. La domanda europea rivolta a Taiwan, di abrogare la legge che vieta a una società straniera il diritto di possedere delle fonti idriche ne fornisce un chiaro esempio 11 . In questo modo si concluderà il processo di «petrolizzazione» dell’acqua..Altro bell’esempio di doppiezza, la Commissione europea, prima che le 109 domande fossero divulgate, affermava, con la sua consueta arroganza, che «le preoccupazioni secondo le quali le prossime negoziazioni AGCS potrebbero mettere in causa disposizioni relative ai servizi pubblici…forzando per esempio la privatizzazione di tali settori…non hanno alcuna ragione di esistere. 12 ». In realtà, su 72 paesi oggetto di domande riguardanti i servizi ambientali, quando la distribuzione dell’acqua é un servizio pubblico, l’Unione europea ne domanda la liberalizzazione. Obbedendo alle lobbies che domandano la privatizzazione dei servizi (di gestione dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia, delle risorse ambientali come parchi naturali, turistici e più in generale di gestione del territorio) la Commissione europea, col sostengo dei quindici governi e parlamenti, si é distinta come lo strumento più potente d’Europa per sottomettere l’interesse generale alla logica del profitto. Non si può che constatare come le priorità della Commissione europea consistano, in primo luogo e con il sostegno dei governi dei quindici, nel dare soddisfazione alle società Vivendi, Suez-Lyonnaise des Eaux, Thames Water e AquaMundo. Non ai cittadini europei né tanto meno agli abitanti dei 72 paesi, alcuni di questi tra i più poveri del pianeta, cui sono indirizzate le domande. Le decisioni prese a Doha riguardano l’acqua in due modi, sia come un «bene», che come un “servizio”. Nella classificazione del GATT, l’acqua é identificata come un bene, e un «bene» può essere oggetto di misure tariffarie, cosa invece esclusa dalle raccomandazioni del punto 32 della dichiarazione di Doha. Questo punto indica chiaramente che delle «barriere non tariffarie», quali norme sociali o ambientali, non possono contrastare le regole della concorrenza commerciale così come sono stabilite da altri accordi dell’OMC (come quello relativo agli ostacoli tecnici al commercio, o quello riguardante le misure che stati e governi possono prendere nel campo del commercio dei fitosanitari per quanto riguarda la salute delle piante e degli animali). Così, agendo sulla tabella di marcia di Doha e quella dell’AGCS, l’UE ha ottenuto dei progressi sostanziali nel processo di petrolizzazione dell’acqua. Ciò che la Commissione europea non otterrà nel quadro dell’attuale fase di negoziazione dell’AGCS e nel grande baratto cui ciò darà luogo, potrà sempre tentare di ottenerlo nella messa in opera dei punti 31 (iii) e 32 della dichiarazione ministeriale di Doha. La prospezione, la protezione e la gestione delle falde acquifere, la captazione, la purificazione e lo stoccaggio, la distribuzione e il trattamento di depurazione, sono tutte attività che si trovano ora sotto la minacciosa mannaia dell’AGCS. L’acqua deve essere mantenuta al di fuori dell’AGCS ; e i beni e i servizi ambientali non devono essere negoziabili nell’OMC.

 

L’AGCS E L’INSEGNAMENTO

 

In vista delle negoziazioni che dovevano cominciare nel 2000 sulla messa in opera dell’AGCS, i servizi dell’OMC hanno presentato un documento inizialmente intitolato “Mercato dell’Educazione”. Tutto un programma…. Il documento divide il « mercato dell’insegnamento » in 5 settori 13 : 1. settore primario: l’insegnamento a livello materno e elementare ; 2. settore secondario: l’insegnamento secondario del primo e del secondo ciclo, l’insegnamento tecnico, l’insegnamento professionale e l’insegnamento destinato agli handicappati; 3. settore superiore: l’insegnamento tecnico e professionale del terzo ciclo, l’insegnamento universitario;.4. settore dell’educazione per adulti: corsi diurni e serali per adulti, educazione permanente, «università aperte», corsi di alfabetizzazione, corsi per corrispondenza, corsi tramite radio o televisione; 5. altri servizi educativi: tutte le altre attività d’insegnamento che non rientrano nei settori precedenti, compresi i corsi privati a domicilio. Pascal Lamy 14 e i governi dei 15 si affannano a soffocare i timori, affermando che l’insegnamento non verrà toccato. A volte non esitano a dire il contrario della verità, affermando che l’insegnamento é coperto dall’eccezione invocata dall’articolo 1,3 b e c dell’AGCS (vedi capitolo L’AGCS, una macchina per privatizzare)15 . Niente di più falso. L’AGCS si applica a ogni paese in cui il servizio dell’insegnamento si attui in un regime di « concorrenza tra uno o più fornitori di servizi». Il che corrisponde alla realtà nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo, perché qual’é il paese che non ha almeno qualche scuola privata oltre a quelle pubbliche? Tra l’altro, per quel che riguarda i paesi dell’Unione europea, la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha considerato che i servizi di insegnamento non costituiscono un’attività praticata sotto l’esercizio dell’autorità ufficiale 16 . Nel 1994, al momento della firma degli Accordi di Marrakech e dunque dell’AGCS, i governi hanno avuto una prima possibilità di assumersi degli impegni per la liberalizzazione, o viceversa di formulare delle esenzioni ad alcuni di questi impegni. La Commissione europea prese allora degli impegni per i settori 1, 2, 3 e 4 (insegnamento primario, secondario, superiore e per adulti). Ciò significa che la Commissione europea si é impegnata a non imporre nuove misure restrittive all’ingresso di fornitori di servizi privati, al loro accesso al mercato dell’educazione e alla mobilità del personale in questi quattro settori. La Commissione ha anche formulato delle esenzioni al fine di proteggere l’educazione pubblica nei quattro settori coinvolti. I quattro settori sono stati finora protetti. Ma si avvicina il momento della revisione degli impegni e delle esenzioni. Un certo numero di dichiarazioni stanno cominciando a preparare le opinioni pubbliche in questo senso. Nel giugno 2000, il rappresentante dell’Unione europea a l’OMC dichiarava che « l’educazione e la salute sono mature per la liberalizzazione ». All’inizio di quest’anno, la Commissaria europea incaricata dell’educazione (e, palesemente, della sua privatizzazione), Sig.ra Reding, affermava il bisogno di rendere le università europee « competitive sul mercato mondiale dell’insegnamento superiore» (Le Monde, 28.01.2003). Viene così da chiedersi quanto valgano queste esenzioni. Pascal Lamy si guarda bene dal ricordare alle opinioni pubbliche che « in principio le esenzioni non dovrebbero superare un periodo di dieci anni ». (vedi ïl capitolo: I Servizi Pubblici Minacciati). Qual’é dunque la conclusione? Cosa succederà nel 2004, dieci anni dopo la deposizione delle liste di esenzioni sull’educazione? L’educazione pubblica sopravvivrà alla fine delle esenzioni ? Tanto più che l’OMC, su iniziativa dell’Unione europea, ha deciso di lanciare un processo destinato a « elevare il livello degli impegni » al fine di massimizzare il numero di settori di servizi liberalizzati nel maggior numero di paesi. Quando si analizzano le domande di liberalizzazione indirizzate dalla Commissione europea ai 109 paesi, si apprende che, contro il parere di molti governi 17 , la Commissione europea ha domandato agli Stati Uniti di liberalizzare il settore 5 dell’insegnamento. E’ lecito pensare che ciò valga anche in senso reciproco, ed é ben nota la volontà di paesi come l’Australia e la Nuova Zelanda, vere e proprie punte di lancia degli Stati Uniti, di vedere l’insieme dell’insegnamento liberalizzato in tutti i paesi membri dell’OMC..Secondo la stessa Commissione, le domande indirizzate dagli Stati membri dell’OMC all’Unione europea mirano per la metà dei casi alla liberalizzazione dei settori 3, 4 e 5 del « mercato dell’educazione » ; riguardano le quattro modalità di fornitura di servizi nell’educazione. Senza precisare quali, la Commissione annuncia che « un certo numero di paesi chiedono l’eliminazione di tutte le riserve anche per i settori 1 e 2 18 » Come sottolinea l’Internazionale dell’Educazione 19 , la doppiezza dei governi e l’opacità che circonda i negoziati, sia a livello di istituzioni europee che di OMC, mettono le popolazioni e coloro che sono coinvolti primariamente (genitori, allievi e insegnanti) « di fronte a un fatto compiuto senza dare loro la possibilità di esprimere il loro punto di vista».

 

L’AGCS, LA SANITA’ E I SERVIZI SOCIALI

 

Quanto formulato per il settore dell’educazione vale, in larga misura, anche per quello della sanità e dei servizi sociali. Come gli altri settori di servizi di interesse generale, si tratta di un obiettivo per l’OMC . Infatti questa deplora che «anche nei paesi sviluppati, il settore della sanità (…) ancora non contribuisce che molto modestamente agli scambi commerciali» e constata anche che « numerosi esperti, in particolare nei paesi dell’OCDE, hanno a volte la tendenza a considerare il settore più come un freno all’espansione economica che come un contributore al Prodotto Interno Lordo. 20 » Sostenendo che «il passaggio progressivo a dei sistemi di partecipazione privata potrebbe offrire delle prospettive economiche interessanti» l’OMC constata che praticamente tutte le misure (leggi, regolamenti, procedure nazionali, provinciali, locali) relative all’organizzazione del settore o alla fornitura di servizi individuali, riguardano direttamente o indirettamente le disposizioni dell’AGCS, in particolare le condizioni di accesso secondo una delle quattro modalità. L’OMC fornisce un esempio chiaro di quello che bisogna intendere per « servizio fornito nell’esercizio del potere governativo» (articolo 1, 3 c) : la fornitura di trattamenti medico-ospedalieri, direttamente da parte dello Stato, gratuita. In questo caso, e solo in questo, il servizio non rientra tra quelli cui si applica l’AGCS. Difficile trovarne un caso concreto, perché nella stragrande maggioranza dei casi una minima contribuzione é sempre richiesta agli utenti. L’OMC propone di applicare l’AGCS al settore della sanità agendo prioritariamente su tre tipi di regolamentazioni: a) le legislazioni in materia di qualificazioni e di licenze per i professionisti della sanità a titolo individuale; b) le prescrizioni in materia di scelta dei fornitori istituzionali come cliniche e ospedali; c) le regole e le pratiche che regolano i rimborsi nei regimi pubblici e privati di assicurazione obbligatoria. Nel 1994, la Commissione europea si é impegnata a non imporre delle nuove misure volte a limitare l’entrata nel settore di fornitori di servizi privati, e ha preso degli impegni anche nel settore della sanità. Più precisamente, gli impegni sono stati presi nei seguenti servizi: – servizi medici e dentistici – servizi veterinari – servizi ostetrici, infermieristici, fisioterapeutici, e personale paramedico – servizi ospedalieri – servizi sociali – servizi di assicurazione malattia.Ma, come per l’educazione, l’Unione europea ha limitato gli impegni tramite un certo numero di esenzioni. La loro validità, come per tutte le esenzioni iscritte nelle liste nel 1994, é rimessa in questione a partire dal 2004. Le domande di liberalizzazione dei servizi riguardanti la sanità, indirizzate a paesi dell’Unione europea, sono poco numerose, secondo la Commissione europea e riguarderebbero solamente le modalità 3 e 4 21 . Le pressioni, considerevoli, esercitate dal settore privato al fine di far progredire la liberalizzazione dei servizi sanitari, non solo mirano a privatizzare le cure, ma anche a sopprimere le legislazioni che limitano o controllano i prodotti pericolosi per la salute (alcool, tabacco, prodotti geneticamente modificati, alimenti per neonati, certi farmaci ecc…). Sia le società farmaceutiche che le reti private di fornitori di servizi medici (cliniche private, studi medici o dentistici) danno priorità agli scopi commerciali a scapito di quelli dettati dalle esigenze sanitarie, e combattono a livello internazionale gli sforzi tendenti a privilegiare le politiche di sanità pubblica. Le società di assicurazione, poi, sono le prime a sostenere il discorso dominante sulla necessità di privatizzare la copertura delle spese mediche. Nonostante le intense pressioni che subisce da parte di questi ambienti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità non cessa di avvertire i politici dei pericoli insiti nella commercializzazione totale della sanità in nome della razionalità economica. Ma, decisamente, non é troppo ascoltata dai governi dei paesi ricchi. Anche in questo campo il regresso é chiaro e gli sforzi per giungere a un servizio universale nel campo della sanità non sono mai stati tanto lontani dal loro obiettivo.

 

I testi ufficiali provano che, contrariamente a ciò che afferma la Commissione europea – questa sorta di governo non eletto, né controllato, che agisce essenzialmente al servizio delle lobbies affaristiche – l’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (AGCS), che ha dato il via alla programmazione della privatizzazione completa di tutti i settori dei servizi, rappresenta una grave minaccia per la democrazia, per i diritti fondamentali, per il modello sociale europeo e per la sovranità dei popoli del Sud del mondo.

 

L’AGCS E I PAESI DEL SUD

 

Una flessibilità tutta teorica

 

Il paragrafo 2 dell’articolo 19 dell’AGCS stipula che « una flessibilità appropriata sarà concessa ai diversi paesi Membri in via di sviluppo, in modo che possano aprire meno settori, liberalizzare meno tipi di transazioni, elargire progressivamente l’accesso ai loro mercati in funzione della situazione del loro sviluppo… a dei fornitori di servizi stranieri… » In virtù di questa flessibilità, ogni paese del Sud sarebbe libero di scegliere quando, come, e in quali settori vuole liberalizzare. Si é già visto (vedi nel capitolo Unione Europea e AGCS, l’ipocrisia di P. Lamy e l’aggressività neo-liberista dell’UE) che l’affermazione secondo la quale ogni paese, sia esso ricco, emergente o povero, é libero di applicare o meno l’AGCS, sia puramente teorica, visto che durante le negoziazioni la pressione esercitata perché ogni paese elevi il livello di liberalizzazione, é invece fortissima. La flessibilità é una conseguenza dell’andamento della negoziazione, ovvero é correlata a un contesto dove giocano in pieno i rapporti di forza. Si é potuto osservare come questo contesto sia sempre sfavorevole ai paesi in via di sviluppo, e i rappresentanti di questi paesi all’OMC lo testimoniano quotidianamente 22 . Inoltre, la procedura delle domande-offerte sottopone i paesi che non sono industrializzati alla pressione dei paesi ricchi che dispongono di maggiori mezzi per imporre le loro scelte. I negoziatori non sono mai su posizioni di parità: sono sempre gli stessi, i paesi più ricchi, che hanno a disposizione strumenti di pressione politica, economica o finanziaria, informazioni di base su tutti i settori, e schiere di esperti. La procedura delle domande-offerte é intrinsecamente impari anche perché solo i paesi ricchi sono in grado di farvi ricorso. Solo loro infatti dispongono di tutte le informazioni di base che i paesi poveri non possiedono quasi mai, sebbene si tratti del loro proprio territorio. Solo i paesi ricchi dispongono di sofisticati e ormai indispensabili strumenti di studio e di analisi, oltre che di un gran numero di esperti. Stabilire delle liste di impegni e delle limitazioni di accesso al mercato, di trattamento nazionale, di regolamentazioni.interne, sapendo che si tratta di scelte irreversibili, richiede una capacità di anticipazione e di previsione di cui la maggioranza dei paesi del Sud sono sprovvisti. Inoltre, i paesi in via di sviluppo non possiedono le informazioni di base che permetterebbero loro di formulare delle domande pertinenti riguardanti i paesi ricchi. Per di più, nel momento in cui l’Unione europea esige da parte di alcuni paesi la soppressione delle restrizioni generali, poste nel 1994 al processo di liberalizzazione al fine di proteggere le loro capacità di agire sullo sviluppo, mette di fatto fine alla flessibilità prevista nel paragrafo 2 dell’articolo 6. In un contesto simile, la flessibilità dell’AGCS non é altro che fumo negli occhi per fare accettare l’inaccettabile: impedire ai paesi in via di sviluppo di elaborare le loro proprie politiche e accordare alle società private occidentali il diritto di operare a modo loro in questi paesi.

 

Una massiccia aggressione contro i paesi del Sud

 

Salvo quando si tratta dello sviluppo delle imprese europee, il discorso ufficiale dell’Unione europea sulla pretesa « agenda per lo sviluppo » é contraddetto dalle stesse iniziative della Commissione. Questa ha inviato a 109 paesi delle liste, adattate a ciascun destinatario, dei servizi che vorrebbe vedere privatizzati, ovvero dei servizi che questi paesi dovranno aprire alla concorrenza di fornitori europei, e che non potranno più essere protetti da legislazioni o regolamentazioni nazionali. Fino a che le liste sono rimaste segrete, abbiamo sentito sia la Commissione europea che alcuni ministri fare dichiarazioni tese a calmare i timori, del tipo: « nessuna domanda é indirizzata ai paesi più poveri 23 », « in nessun caso si chiede la privatizzazione dei servizi pubblici» « il diritto nazionale a gestire i servizi é tutelato.24 ». Puntando sulla complessità dei testi, sull’opacità delle procedure, e sull’ignoranza per quanto riguarda il loro contenuto di politici e giornalisti, Pascal Lamy ha addirittura osato affermare che « Le negoziazioni dell’OMC riguardano il commercio dei servizi, non la regolamentazione dei servizi in quanto tali 25 ». La volontà di ingannare le opinioni pubbliche sulle potenzialità dell’ AGCS é a misura della posta in gioco a livello finanziario per quanto riguarda la loro messa in opera. Le 109 domande sono di dominio pubblico dal febbraio 2003. La disinformazione orchestrata dalla Commissione europea, con il concorso di un certo numero di sistemi politici e mediatici, é apparsa chiaramente 26 . Tra questi 109 paesi, 94 sono classificati come paesi in via di sviluppo. Tra questi 41 sono « paesi a basso reddito » e 30 sono invece « paesi meno avanzati (PMA).27 » Le domande europee riguardanti i servizi, per i 94 paesi in via di sviluppo, sono le seguenti: – servizi professionali: 63/94, di cui 9 PMA – servizi alle imprese: 94, di cui 24 PMA – telecomunicazioni, compresi i servizi pubblici: 91 di cui 30 PMA – posta e corrieri: 23 – costruzioni: 66 di cui 5 PMA – distribuzione : 46 – servizi ambientali, compresi i servizi pubblici: 62 di cui 7 PMA – servizi finanziari, compresi i servizi pubblici: 71 di cui 21 PMA – turismo: 48 di cui 5 PMA – agenzie di stampa: 45 – trasporti : 77 di cui 18 PMA – energia: 31 di cui 1 PMA.Durante il summit di Bruxelles dei PMA nel marzo 2002, questi avevano espressamente domandato di non essere costretti a prendere degli impegni in più di quattro settori di servizi. Per la sola Unione Europea (ma altri paesi possono aver indirizzato le loro domande ai PMA) il numero di domande rivolte ai PMA é il seguente: Angola 7, Bangladesh 6, Benin 3, Burkina-Faso 3, Birmania 5, Burundi 4, Gibouti 4, Gambie 3, Guinea 4, Guinea-Bissau 4, Haiti 3, Isole Salomon 2, Lesotho 3, Madagascar 6, Malawi 3, Maldive 4, Mauritania 5, Mozambico 6, Niger 3, Uganda 5, Repubblica centroafricana 3, Repubblica Democratica del Congo 5, Rwanda 3, Senegal 5, Sierra Leone 2, Tanzania 7, Ciad 3, Togo 4, Zambia 4.

 

Abolire la sovranità degli Stati imponendo una liberazione [immagino che sia un errore di traduzione e volesse dire “liberalizzazione” Ndr] a tutto raggio

 

Passando in rivista le diverse domande indirizzate dall’Unione europea ad altri paesi, non si può che restare impressionati dell’ampiezza delle deregulations richieste. E’un vero e proprio smantellamento massivo di leggi e regolamenti di interesse pubblico. Eccone qualche esempio, tratto da uno studio effettuato dal World Development Movement 28 . Si tratta di regolamentazioni che l’Unione Europea domanda di sopprimere: – a Barbados: la tassa calcolata sul valore della transazione, in vigore quando degli investitori stranieri comprano o vendono un terreno o dei valori immobili; – in Bolivia: l’obbligo per gli investitori stranieri di stabilire una filiale nel paese se vogliono effettuare operazioni commerciali; – in Botswana: la priorità data ai fuoriusciti nazionali quando é possibile acquisire degli attivi stranieri; il monopolio della gestione dell’acqua; – in Brasile: la limitazione al trasferimento all’estero di fondi realizzati nel paese da imprese straniere; – in Camerun: l’obbligo, per ogni investimento del valore di almeno 10.000 euro, di creare posti di lavoro; – in Cile: l’obbligo per gli investitori di assumere l’85% di personale cileno e l’obbligo per gli investitori stranieri di mantenere il capitale investito nel paese per almeno 3 anni; – in Cile e in Messico: il divieto, per gli stranieri, di possedere terre lungo le coste; – -a Cuba e in Indonesia: la partecipazione straniera nelle società miste e nelle joint-ventures limitata al 49%; – in Egitto: il monopolio pubblico di acqua, energia, trasporti e costruzione; – in Honduras: il monopolio pubblico della gestione dell’acqua ; – -in Giordania: l’obbligo per le agenzie turistiche di avvalersi di fornitori locali per l’organizzazione dei circuiti turistici; – -in Kenya: la limitazione degli investimenti stranieri al 30% nel settore delle telecomunicazioni; – in India: l’obbligo, per le agenzie turistiche straniere, di utilizzare un’impresa equivalente locale, che in caso di infrazione possa essere ritenuta legalmente responsabile; – in Malesia: il limite del 51% posto alla partecipazione azionaria straniera nelle società d’assicurazione; i criteri di diffusione della pubblicità nel settore audiovisivo; – a Taiwan: divieto per le imprese straniere di acquistare o affittare terre contenenti fonti idriche, o destinate all’agricoltura, alla silvicoltura, al pascolo, alla caccia, alla produzione di sale e allo sfruttamento minerario; – in Thailandia: i regolamenti riguardanti le grandi superfici di vendita nel settore della distribuzione; – in Tunisia: il monopolio pubblico di gestione dell’acqua; – e così via per altre centinaia di pagine…..Dopo di ché Pascal Lamy e i neo-liberisti osano ancora affermare seriamente che gli Stati conservano il proprio diritto a legiferare! I propositi anestetizzanti dei sostenitori dell’AGCS non cambiano la realtà dei testi: questo accordo non contribuisce per nulla allo sviluppo dei Paesi del Sud. Ne fa delle facili prede per le società del Nord.

 

UN’AGGRESSIONE CONTRO I DIRITTI DEI POPOLI

 

I testi ufficiali e i documenti relativi alle negoziazione provano che, contrariamente a ciò che affermano la Commissione europea, certi ministri nazionali e certi dirigenti politici, l’AGCS rappresenta una grave minaccia per la democrazia, per i diritti fondamentali, per il modello sociale europeo e per la sovranità dei popoli del Sud del mondo.

 

  1. L’AGCS é una minaccia per i diritti democratici dei cittadini: L’articolo 21, per via delle condizioni che impone, rende il processo di privatizzazione praticamente irreversibile. Questo non lascia ai cittadini che una scelta limitata sugli orientamenti politici in un contesto privatizzato, così come in URSS non si potevano che formulare scelte limitate in un contesto statalizzato. E’ la fine della democrazia, divenuta un ostacolo nella ricerca del profitto. La libera scelta dei cittadini si riduce a decidere, attraverso elezioni trasformate in rituali privi di senso, tra partiti al servizio di uno stesso modello di società, fondata esclusivamente sulla libertà individuale e sul “ciascuno per sé”.

 

  1. L’AGCS é una minaccia per il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti e proclamati dalle Nazioni Unite. La Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, le Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la Convenzione internazionale sul rispetto della biodiversità sanciscono dei diritti fondamentali che sono radicalmente rimessi in causa dall’AGCS, così come da altri accordi dell’OMC, come già constatato dai lavori e dalle risoluzioni della Commissione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU. Minacciando in modo permanente il principio del servizio pubblico, minaccia che diventerà realtà man mano che cesseranno le limitazioni e le esenzioni a durata limitata, l’AGCS colpisce la fruizione dei diritti fondamentali come quello all’alimentazione, all’acqua, all’educazione, alla salute, al lavoro, a delle norme sociali che garantiscano un livello di vita accettabile.

 

  1. L’AGCS é una minaccia per il modello sociale La modalità 4 di fornitura di servizi relativa alla mobilità delle persone fisiche vieterà ai poteri pubblici di far rispettare le norme e di garantire le convenzioni collettive che danno vita al modello sociale. I datori di lavoro potranno mettere in concorrenza personale che beneficia di 150 anni di conquiste sociali, con personale venuto a titolo temporaneo, da un altro paese, al quale il padronato potrà applicare le norme salariali e sociali del paese di origine. L’articolo 6, relativo alle regolamentazioni interne, dà mandato all’OMC di elaborare delle « norme » affinché le legislazioni e i regolamenti nazionali, regionali e locali non abbiano un contenuto etico, sanitario, sociale, ambientale « più rigoroso del necessario », di natura tale da ostacolare la libera concorrenza. Tramite queste « norme », l’OMC avrà il potere di smantellare le protezioni sanitarie, sociali, ambientali e culturali decise all’interno di ogni paese, da qualsiasi livello decisionale..

 

  1. L’AGCS é una minaccia per i servizi pubblici Gli effetti congiunti dell’articolo 8 (monopoli), 9 (pratiche commerciali), 16 (accesso al mercato) e 17 (trattamento nazionale) portano quasi meccanicamente dalla liberalizzazione alla privatizzazione, come già si vede all’interno dell’Unione europea, questa sorta di piccola OMC, in cui le priorità accordate al mercato totalmente liberalizzato forniscono un esempio per lo smantellamento progressivo dei servizi pubblici e l’eliminazione massiccia di posti di lavoro.

 

  1. L’AGCS apre la strada alla ricolonizzazione del Sud Forzando i Paesi del Sud a rinunciare a tutte le legislazioni e i regolamenti riguardanti i servizi, l’AGCS apre la strada alla loro ricoloniazione, e non allo sviluppo. Non saranno necessariamente sotto la dipendenza di Stati del Nord, ma sicuramente sotto il tallone delle società del Nord. Per il bene di chi?

 

CHE FARE ? Al momento attuale le implicazioni più preoccupanti dell’AGCS ancora non si fanno sentire. In virtù delle decisioni prese alla conferenza ministeriale dell’OMC a Doha, é nel 2005 che l’AGCS sarà applicato sulla base dei risultati della presente fase di negoziazione. Resta dunque poco tempo. Ma i segreti sono stati rivelati, il doppio gioco scoperto, le menzogne svelate, la posta in gioco chiarita. Non é più possibile tacere. L’AGCS é un ingranaggio per distruggere tutto quello che é stato costruito a partire dal 1789 perché l’essere umano sia riconosciuto nella sua dignità umana, perché nella libertà si costruisca una società dove la solidarietà conduca all’eguaglianza. Come non indignarsi davanti ad un documento del genere ? Come non rivoltarsi davanti a dei progetti che ci aggrediscono, noi, cittadini e cittadine, popoli del Sud e del Nord? Tutto quello che contiene l’AGCS é talmente intollerabile che richiama all’insurrezione delle coscienze, alla mobilitazione dei cuori, alla resistenza e alla lotta. Di fronte alla violenza dei meccanismi negoziati nel segreto, destinati ad annichilire due secoli di conquiste politiche e sociali, e ancora una volta, al Nord come al Sud, a sfruttare e asservire, che cosa possiamo opporre?

 

“Quando i popoli combattevano la schiavitù, l’apartheid o il colonialismo, non rivendicavano la ripartizione dei benefici della schiavitù, dell’apartheid o del colonialismo. Combattevano il sistema stesso della schiavitù, dell’apartheid o del colonialismo. Allo stesso modo noi non rivendichiamo la ripartizione dei benefici della globalizzazione. Noi dobbiamo combattere il sistema stesso della globalizzazione così com’é oggi.” afferma Martin KHOR, il direttore di Third World Network. Allo stesso modo, non si tratta di aggiustare l’AGCS, bisogna combatterlo. I governi, la Commissione europea, l’OMC violano i nostri diritti. Li lasceremo fare? Ci rassegneremo a subire? Accetteremo la più formidabile regressione politica e sociale da due secoli a questa parte? « Quando il governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione é per il popolo e per ogni componente del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri. » affermava l’articolo 35 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1793. La lotta contro l’AGCS esige una mobilizzazione senza precedenti di tutte le forze vive, sindacali e associative, di tutte e di tutti. Richiede il ricorso a tutti i mezzi che l’azione non violenta mette a nostra disposizione. Tutti, senza eccezione. Chi legge questa pubblicazione sappia che se non si occupa dell’AGCS, l’AGCS si occuperà di lui. Sapere, essere a conoscenza, e’ il primo passo per opporsi. Bisogna parlarne con gli amici, con i colleghi. Bisogna interpellare i rappresentanti politici, metterli davanti alle loro responsabilità. Bisogna mobilitarsi e mobilitare attorno a sé. Non bisogna dare tregua a chi ha il potere di decidere. Il muro di Berlino é caduto perché ogni settimana, per mesi, delle decine di migliaia di cittadini e cittadine si sono riuniti e hanno sfidato il potere. Le nostre vite e quelle dei nostri figli valgono bene un tale sforzo. La democrazia vive solo se la si fa vivere.

 

I SITI INTERNET UTILI

 

AGCS – domande e offerte europee: http://www.gatswatch.org/requests-offers.html – offerte statunitensi: http://www.insidetrade.com – analisi: http://www.urfig.org/français.htm: campagne agcs

 

ISTITUZIONI – OMC : http://www.wto.org – Direzione generale del Commercio internazionale della Commissione europea: http://europa.eu.int/comm/trade

 

LOBBIES – European Servizi Forum (ESF) : http://www.esf.be – Trans Atlantic Business Dialogue : http://www.tabd.org – UNICE : http://www.unice.org – US Coalition of Servizi Industries (USCSI) : http://www.usci.org

 

NOTE

 

1 JENNAR (Raoul Marc), L’Organisation mondiale du commerce et le déclin de la démocratie, in Res publica, Febbraio 2003, n°32 p.36-41.

2 Durante un seminario organizzato dal club « Confrontations », a Bruxelles, il 9 dicembre 2002.

3 IFSL (2001), Les arguments en faveur de la libéralisation du commerce international des services. Londra: International Financial Service of London, 01.05.2002.

4 Organizzazione Mondiale del Commercio, Consiglio per il Commercio dei Servizi, sessione straordinaria, comunicazione degli Stati Uniti: quadro della negoziazione. Documento S/CSS/W/4, 13 Luglio 2000 (00-2883).

5 vedere sul sito http://www.gatswatch.org/requests-offers.html : le proposte di offerta della comunità europea..

6 Commissione europea, Direzione Generale del Commercio, WTO Members’ Requests to the EC and its Member States for Improved Market Access for Services; consultation document, 12 November 2002.

7 POLITI (Daniel), Privatizing Water: What the European Commission Doesn’t Want You to Know. Washington : The Center for Public Integrity. Special Report, 7 Aprile 2003.

8 Ogni documento reca la nota “Member states are requested to ensure that this text is not made publicly available and is treated as a restricted document.”

9 Sono disponibili sul sito http://www.gatswatch.org/requests-offers.html; anche le offerte europee di liberalizzazione presentate nella primavera del 2003 sono accessibili sullo stesso sito.

10 Idem. Per un’analisi della proposta di offerte della Commissione sottomesse all’esame dei 15 governi, vedere http://www.urfig.org/francais.htm : Campagne agcs : Les services que la Commission Européenne veut libéraliser : Poursuivre, via l’OMC, le démantèlement du modèle social européen (Dr Raoul Marc JENNAR, 23 février 2003).

11 Mentre la Commissione affermava nell’ottobre 2002: le domande non riguardano l’accesso alle risorse idriche.

12 Commissione europea: reazioni alle rivelazioni sui propositi di richieste della CE, 24 aprile 2002

13 OMC, diffusione limitata, S/C/W/49, 23 settembre 1998, (98-3691) & classificazione dell’OMC: doc MTN-GNS/W/120.

14 Le Monde, 6 febbraio 2003. 15 Una tale affermazione si trova sul sito Web della Commissione (http://europa.eu.int/scadplus/leg/fr/lvb/r11012.htm) sebbene l’OMC la smentisca in un documento citato nella nota 23.

16 Corte di Giustizia delle Comunità europee, caso 147/86: Commissione europea verso Repubblica di Grecia, Rec. 1637.

17 Austria, Belgio, Finlandia e Svezia. Vedi http://www.urfig.org/francais.htm :Campagne agcs: La position belge concernant les relations entre Education et Accord Général sur le Commerce des Servizi (30 agosto 2002).

18 Vedi nota 6.

19 Internationale de l’Education, 5, bd Albert II, B 1210 Bruxelles, Belgique ; site Web : http://www.ei-ie.org

20 OMC, diffusione limitata, S/C/W/50, 18 settembre 1998 (98-3558).

21 Cosí, per esempio, Singapore chiede al Belgio di sopprimere la sua legislazioni riguardanti l’installazione di industrie farmaceutiche, e il Messico la soppressione della pianificazione dei letti ospedalieri e del materiale medico pesante.

22 KWA (Aileen), Power Politics in the WTO. Bangkok : Focus on the Global South, 2003 (http://www.focusweb.org)

23 La ministra belga per il commercio esteriore ha sistematicamente ripetuto questa frase durante gli incontri con le ONG, così come nella dichiarazione alla Radio belga RTBF-il 6 febbraio 2003.

24 Formalmente questo diritto é citato nel preambolo dell’AGCS; é stato ricordato nella dichiarazione finale della conferenza di Doha, così come nelle direttive delle negoziazioni dell’AGCS, ma non si tratta che di auspici, che non hanno alcun peso di fronte alle regole relative all’accesso al mercato e al trattamento nazionale, le sole prese in considerazione in caso di dispute.

25 Durante un’audizione al Parlamento europeo a Bruxelles, il 6 marzo 2003, e in International Trade Reporter, volume 20, n° 13, 27 marzo 2003, p. 542. Si é visto che l’articolo 6 dell’AGCS riguarda specificatamente la regolamentazione dei servizi tramite l’elaborazione di « norme».

26 Clare JOYE e Peter HARDSTAFF, dell’ONG britannica World Development Movement, sono stati i primi ad analizzare sistematicamente le 109 domande europee; l’analisi é disponibile anche in francese, sotto il titolo A qui profite l’agenda pour le développement ? sul sito Web : http://www.wdm.org.uk

27 Paesi a basso reddito = classificazione della Banca Mondiale; Paesi meno avanzati = classificazione del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite e della Commissione delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo.

28 Vedi nota 27.

 

Tratto da http://www.nuovimondimedia.it