Il Documento della Costituente Socialista

Il Documento della Costituente Socialista

Noi oggi, 14 luglio 2007, qui riuniti a Roma, dichiariamo che:

L’Italia del nuovo secolo ha bisogno di una forza socialista che sappia realizzare riforme per affrontare le sfide della globalizzazione e delle grandi rivoluzioni in atto nel campo della scienza e delle tecnologie, delle telecomunicazioni, dell’ambiente e della natura, della demografia, della sessualità e dei nuovi diritti, della multietnicità e della multiculturalità. La storia del socialismo italiano ha avuto grandi meriti nelle conquiste sociali e civili del nostro Paese pur avendo commesso errori gravi che non intendiamo ripetere. Dopo il collasso del vecchio sistema politico non siamo riusciti a ricostruire una forza socialista, né siamo riusciti a dar vita a un partito socialista di tipo europeo che comprendesse la maggioranza del Pci che era approdata all’Internazionale socialista, ma si era mostrata incapace di una autentica revisione socialista della propria cultura politica. La mancanza di una grande formazione socialista riformista ha pesato gravemente nel determinare gli attuali esiti deludenti della cosiddetta Seconda Repubblica.

La Costituente socialista per la quale lavoriamo non è, quindi, rivolta soltanto a porre fine alla diaspora del Psi e del Psdi, ma soprattutto ad unire in Italia tutte le componenti che si riferiscono al partito socialista europeo. Il socialismo europeo non è un corpo dottrinale sul quale giurare fedeltà, ma la forza riformista e progressista più importante del nostro continente.

Le grandi idee di giustizia e di libertà, di sicurezza e di pace, che hanno animato socialisti, socialdemocratici e laburisti europei mantengono intatto il loro valore. Nella nostra epoca, segnata da profondi e continui mutamenti, dobbiamo trovare le politiche e i progetti per affermare una società nella quale coesistano cooperazione e competizione, si valorizzi il merito e si soddisfino i bisogni, si dia uguale peso ai diritti e ai doveri. Il socialismo europeo è caratterizzato da una fisionomia laica che si contrappone a qualsiasi fondamentalismo religioso e, quindi, a quelle visioni che vogliono vestire la società con una camicia di forza di comportamenti, di costumi e di stili di vita uniformi.

Nei partiti socialisti europei vi sono diverse correnti ideali, filosofiche e religiose. L’aspirazione di mettere insieme tutte le componenti che in Italia si riferiscono al partito socialista europeo deve poter contare su un apporto pluralistico di culture, di valori e di idealità. Noi ci proponiamo di creare una novità rilevante nel panorama italiano, che permetta di superare un’anomalia politica dell’Italia rispetto all’Europa; pur recuperando la grande tradizione del socialismo liberale italiano e, quindi, la nostra non è soltanto un’opera di ricostruzione.

Né il partito democratico, che sta nascendo come pura somma di DS e Margherita, con caratteristiche per metà laiche e per metà confessionali, né la cosiddetta Cosa rossa che vorrebbe riunificare tutti i partiti dell’estrema sinistra italiana, rendono più europea l’Italia politica. Il rilancio di una forza socialista, riformista, democratica e liberale, è una sfida che noi lanciamo alla politica italiana perché riesca ad innovarsi e stare al passo della politica europea.

Il partito socialista che ci proponiamo di costruire è componente fondamentale della sinistra italiana. In Italia vi è stata una fase nella quale sono saltati tutti i tradizionali riferimenti sulla base di un terremoto che ha investito la vecchia geografia politica. Mettere in campo oggi un partito socialista di tipo nuovo che si riferisca ai diversi filoni del riformismo italiano, alle culture laiche e liberaldemocratiche e alle diverse esperienze del movimento operaio è un compito difficile ma non impossibile. Il partito socialista che vogliamo costruire deve contrastare il declino che rischia di segnare l’Italia, anche a causa di un bipolarismo anomalo che non produce riforme di sistema e genera spesso  instabilità e paralisi. Non è giusta una società nella quale vi è un elevato tasso di disoccupazione, nella quale per le nuove generazioni è difficile trovare un lavoro, nella quale lo Stato sociale si riduce a previdenza e sanità senza che vi siano tutele per il lavoro precario, per gli anziani non autosufficienti, per le famiglie tradizionali o di tipo nuovo e dove si accentuano squilibri sociali e territoriali e si diffonde l’insicurezza e l’illegalità.

Per contrastare il declino, la premessa da realizzare è quella di rinsaldare il rapporto tra i cittadini e le istituzioni, oggi fortemente indebolito dalla crescente autoreferenzialità della società politica: decisiva a tal fine sarà una nuova politica fiscale che basi la lotta all’evasione su una chiara scelta a favore della riduzione della pressione fiscale, sulla realizzazione concreta ed efficace del federalismo fiscale, sull’abbattimento dei costi della politica e su una riqualificazione e riduzione della spesa pubblica.

Come priorità noi poniamo la questione dell’innovazione, della formazione e della ricerca. Solo una società più colta è una società davvero più ricca. Siamo per un’economia di mercato, ma contro una società di mercato dove chi è in difficoltà, chi è disabile, chi è malato, chi è anziano, chi è disoccupato sia considerato una sorta di zavorra sociale. Tuttavia il nuovo Stato sociale deve passare da forme di assistenza che sono recepite passivamente ad un assetto che attivi, per quanto possibile, la responsabilità individuale. Non si riesce a perseguire obiettivi di equità sociale se non si punta ad uno sviluppo sostenibile che sia rispettoso dell’ambiente e che consideri fondamentale l’allarme sullo stato di salute del nostro pianeta. Non si riesce a dare risposte ai nuovi problemi se non si comprende che la flessibilità costituisce la caratteristica più rilevante delle moderne società, che non riguarda solo il mercato del lavoro. Flessibilità e sicurezza sono un binomio inscindibile per i socialdemocratici europei. Il compito della socialdemocrazia non è quello di conservare ma di innovare. Il confronto con i sindacati è fondamentale, come dimostra tutta la storia della socialdemocrazia europea. Essenziale è che i sindacati non si attestino sulla pura difesa dello status quo e si facciano carico del riequilibrio della spesa sociale tra le generazioni, a cominciare dalla previdenza. Così potranno sviluppare il proprio ruolo di tutela e di promozione di un mondo del lavoro sempre più diversificato e complesso.

La parità tra uomini e donne, la piena utilizzazione delle energie delle nuove generazioni come la valorizzazione dell’esperienza degli anziani, il rifiuto di qualsiasi discriminazione, la creazione di una società accogliente e mite, sono obiettivi fondamentali di una moderna forza socialista. Non si potrà avere una rinascita dell’Italia senza liberarsi dal peso soffocante di caste, di corporazioni, di gruppi chiusi di potere, di oligopoli e monopoli, che alterano la competizione sociale, accrescono le esclusioni e le emarginazioni, perpetuano una società inerte e incapace di affrontare i grandi cambiamenti in atto. Da tempo il socialismo europeo ha superato una concezione che vedeva nell’espansione della sfera statale un meccanico ampliamento della democrazia e degli spazi di libertà. Tutti i socialisti europei sono accomunati nel programma fortemente innovativo “Per una nuova Europa sociale”, approvato dal congresso del Pse a Porto. In Italia, ancor più che negli altri paesi europei, vi è una crisi nel rapporto tra cittadini e istituzioni democratiche. L’antipolitica non si combatte con la cattiva politica, con la difesa a oltranza di privilegi che urtano giustamente la sensibilità dell’opinione pubblica, con un arroccamento di apparati e di nomenklature, ma con una reale apertura alla partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla vita pubblica, ed al rinnovamento dei partiti con il pieno diritto a scegliere i gruppi dirigenti e le rappresentanze elettive.

La crisi delle istituzioni, che si è manifestata già alla fine degli anni ’70 e che si è acutizzata nell’ultimo scorcio del secolo, non è stata ancora risolta. Le personalizzazioni della politica e le degenerazioni oligarchiche, al di fuori di una grande riforma delle istituzioni rischiano di portarci non ad una repubblica presidenziale alla francese o all’americana ma ad una repubblica sudamericana nella quale non vi sono regole certe e prevalgono i confitti di interesse. La crisi delle istituzioni, le forti carenze della Pubbica Amministrazione, le insufficienze nei servizi sociali sono alla base della crisi con il Nord del Paese. Questa crisi non può essere affrontata a colpi di referendum sulle leggi elettorali, come si continua a fare nonostante i pessimi risultati di questa impostazione, ma con una riforma della forma di Stato e di governo, a cui corrisponda una legge elettorale capace di salvaguardare un bipolarismo da paese normale, un’adeguata rappresentanza ed un’efficace governabilità.

La chiave fondamentale per lo sviluppo economico come per la crescita civile è rappresentata dall’istruzione, dalla cultura e dalla ricerca. È questo il terreno sul quale il socialismo europeo si impegna con rinnovato vigore. In Italia si richiede un grande sforzo in questa direzione per recuperare ritardi storici e contribuire così a una maggiore diffusione delle virtù civiche.

Noi vogliamo una società italiana che sia più europea in ogni campo, dallo sviluppo sostenibile alle politiche dei diritti e alla difesa della laicità, dalla giustizia all’affermazione di una severa politica di ordine pubblico, dall’istruzione alla cultura e alla ricerca, da un sistema di nuova sicurezza sociale all’affermazione del principio fondamentale della responsabilità.

Il socialismo democratico europeo è in prima linea nelle battaglie per la sicurezza e per la pace, per la diffusione della libertà e l’affermazione dei diritti umani. Non c’è causa di libertà che non sia fatta propria dai socialisti democratici europei e nel mondo. Il contrasto del terrorismo internazionale, alimentato dal fondamentalismo religioso islamico, costituisce un impegno di tutti i socialisti europei. L’Europa rappresenta la dimensione geopolitica alla quale noi ci riferiamo e nella quale si sviluppano con maggiore efficacia i principi di autonomia e indipendenza fondamentali per esercitare un ruolo di primo piano nella politica mondiale, a partire dalla grande area del Mediterraneo dove lo sviluppo e la cooperazione economica si uniscono al necessario impegno per il mantenimento della pace e della sicurezza. Resta essenziale l’amicizia tra l’Europa, quindi l’Italia, e gli Stati Uniti, pur nella riaffermata e reciproca autonomia ed essa costituisce secondo noi un riferimento importante della socialdemocrazia europea.

La nostra parola d’ordine è: “unire i socialisti, federare i riformisti”. Per questo ci proponiamo di coinvolgere anche correnti politiche e culturali che ancora non si riconoscono nella Costituente socialista, ma sono disponibili ad aprire con noi un confronto sulle finalità, i contenuti e le forme dell’organizzazione. Per realizzare entro la fine dell’anno con la Costituente socialista il nuovo partito è necessaria dunque una grande apertura che dovrà basarsi sullo scioglimento delle nostre organizzazioni, e su una conseguente campagna di adesioni ex novo, con un’ampia partecipazione di cittadine e cittadini. Questo è l’impegno che assumiamo oggi per l’Italia del domani.

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