Dalla derisione all’oscuramento, e poi dall’oscuramento alla criminalizzazione. Questa la parabola dei media mainstream nei confronti delle proteste contro il green pass in Italia. Negli ultimi giorni, infatti, dopo mesi di totale black out informativo su ogni iniziativa di protesta, anche se molto partecipata, i palinsesti tv e le pagine di punta dei quotidiani sono tornati a popolarsi di resoconti sulle mosse dei “no green pass”. L’occasione era d’altra parte molto ghiotta. Il movimento pareva ingrossarsi nei numeri e un paio di fatti di cronaca, come l’aggressione a un inviato del quotidiano La Repubblica, fornivano il pretesto perfetto per un narrazione delegittimante. I titoli ad effetto si sono sprecati, arrivando a parlare di “squadristi digitali“. Una tattica messa in campo ponendo la lente d’ingrandimento esclusivamente su sparuti casi di violenza, e non prestando alcuna attenzione alle decine di migliaia di persone che pacificamente hanno espresso il loro dissenso. I mezzi d’informazione hanno finito per utilizzare tali episodi come un pretesto volto a screditare l’intero movimento. Tattica collaudatissima e vecchia come il mondo, che viene usata contro ogni movimento di protesta sgradito e giudicato evidentemente pericoloso.
Un tattica affiancata da quella della derisione, tratteggiando i profili che popolano le manifestazioni come quelli di minus habens. In pratica, nella narrazione dominante, gli individui che partecipano alle proteste sono divisibili in due categorie: alcuni criminali e il resto della massa composto da mezzi scemi. In questo articolo di MilanoToday, ad esempio, i “No Green Pass” vengono fatti passare come sfegatati complottisti pronti a propagare ogni teoria alternativa su qualsiasi cosa, senza eccezione alcuna. Stesso modo di operare anche da parte di Repubblica, che in questo più recente articolo afferma che «il fiume carsico del complottismo italiano è tornato con prepotenza a galla: la battaglia contro il Green pass è il nuovo punto d’approdo». L’Adnkronos, invece, nel testo pubblicato martedì utilizza la tecnica a cui per mesi tutti i media mainstream si sono rifatti: accostare la parola Green Pass alle organizzazioni politiche di estrema destra, facendo intendere al lettore che le piazze contro il green pass siano in mano a nostalgici fascisti.
Ad ogni modo, dopo gli episodi verificatisi lo scorso fine settimana, il registro è cambiato, e si è scelto di utilizzare questi ultimi come pretesto atto a criminalizzare tutti i “No Green Pass”, ora trattati praticamente al pari di pericolosi terroristi. E ciò lo si sta facendo non solo a livello mediatico ma anche politico, con la stretta annunciata del Viminale. «Individuare specifiche misure finalizzate a rafforzare la tutela dei giornalisti e di tutte le categorie più esposte a episodi di odio dopo l’intensificarsi degli attacchi sulla rete e i gravi atti di violenza che hanno riguardato alcuni cronisti nel corso di manifestazioni di protesta contro i provvedimenti del Governo per contenere la diffusione del Covid 19», è secondo quanto riportato in una nota del ministero dell’Interno, quanto stabilito dalla ministra, Luciana Lamorgese.
Nel frattempo la criminalizzazione mediatica continua e ora i giornalisti mainstream pare abbiano pure imparato ad iscriversi ai canali su Telegram. Da giorni infatti usano come fonte uno dei canali dove si diffondono notizie e si organizzano mobilitazioni. Nonostante di chat analoghe ne esistano decine, tutti i media hanno scelto di erigerne una specifica a fonte per i loro servizi: quella che meglio si presta a trasmettere la narrazione desiderata grazie alle soluzioni estreme proposte da parte dei suoi membri. Si tratta del canale “Basta Dittatura”(oltre 40.000 iscritti), dove gli indomiti cronisti sono andati a pescare le frasi più sconnesse e abbaiate all’evidente scopo di far passere l’intera area dei “no green pass” come una masnada di fulminati. L’Huffington Post, ad esempio, parlando di questo gruppo fa passare il messaggio che quanto viene scritto al suo interno costituisca la norma nelle «chat telegram dei no Green Pass». Come se chiunque sia contrario a tale strumento debba per forza far parte di questa o altre chat simili, nonché avere idee e modi di esprimersi uguali a quelli degli altri senza alcuna capacità di discernimento.
[di Raffaele De Luca]
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